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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2012 alle ore 09:38.

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Un'altra occasione mancata. Anzi, due: quella di semplificare la vita ai contribuenti e quella di mettere al lavoro banche e poste. Con le modifiche al modello F24 varate ieri dall'agenzia delle Entrate, e quelle che inevitabilmente seguiranno ai contorcimenti normativi ancora in atto, ai cittadini viene regalato un adempimento in più rispetto all'Ici: la divisione tra Stato e Comuni dell'importo dovuto.

Per quanto incredibile, sembra che agli enti locali e all'amministrazione centrale il dialogo sia ancora fermo all'era preinformatica. E se nella norma è già contenuta la previsione che i versamenti siano separati, qualche ottimista avrebbe potuto immaginare che a questo conteggio avrebbe pensato il Comune stesso o chi riceve il modello F24. Macché.
A calcolare la quota dello Stato, cioè la metà dell'aliquota dello 0,76 per cento, sarà quindi il contribuente. E finché parliamo della prima rata, si tratta solo di una piccola scocciatura, perché, bontà sua, il Governo ha accettato l'idea che il caos delle delibere venga arginato dall'uso delle aliquote di legge, in questa prima scadenza del 18 giugno. Quindi, dato che per l'abitazione principale lo Stato non c'entra, la divisione per tre fa sì che a giugno e a settembre allo Stato vada lo 0,126 per cento dell'Imu (se passa la rateizzazione).

Al saldo, però, si abbatte sul contribuente la delibera comunale: se cambia l'aliquota, allo Stato andrà sempre lo stesso importo delle altre rate ma al Comune spetta la differenza tra il totale ricalcolato in base alle nuove aliquote e gli acconti. Tutti conti a carico del cittadino. Si poteva affidare a Entrate, banche o posta questi calcoli, richiamando informaticamente la prima rata? Certo, si poteva, considerando che le delibere sono reperibili più facilmente da queste istituzioni che dal cittadino. Ma non lo si è fatto.

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