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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2012 alle ore 14:01.

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ROMA. Stop alle commissioni bancarie se lo scoperto del conto non supera i 500 euro. Dopo il via libera della commissione industria del Senato all'emendamento presentato nei giorni scorsi dai due relatori del decreto sulle commissioni bancarie, Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd), ieri è arrivato anche il disco verde dell'aula di Palazzo Madama alla correzione di rotta voluta dai due parlamentari con il parere positivo del Governo, espresso dal sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vincenti.

La modifica licenziata ieri con il Dl stabilisce quindi che la commissione di istruttoria veloce non sarà applicata alle famiglie e ai clienti titolari di conto corrente se dovessero andare in rosso per un importo pari o inferiore ai 500 euro. Si prevede poi anche un tetto temporale: lo sconfinamento non dovrà infatti superare i sette giorni consecutivi nell'arco di un trimestre bancario.

La commissione è quella prevista dal comma 2 dell'articolo 117-bis del decreto legislativo 385 del 1993, il Testo unico bancario (come modificato dalla manovra salva-Italia), secondo il quale, «a fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di istruttoria veloce determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull'ammontare dello sconfinamento».

Si avvia così verso la conclusione la querelle sorta nei mesi scorsi attorno alle commissioni bancarie dopo l'ok del Senato a un emendamento, targato Pd, del decreto legge sulle liberalizzazioni che aveva stabilito la nullità di tutte le clausole che prevedevano commissioni sulle linee di credito. Un fuoriprogramma che aveva provocato l'immediata sollevazione del mondo bancario con le dimissioni (poi ritirate) dei vertici dell'Abi, molto critici rispetto a una modifica che avrebbe comportato, secondo le stime diffuse dall'associazione, 10 miliardi di oneri a carico del sistema. Al problema si è quindi posto rimedio con il decreto 29 del 2012 che ha sterilizzato gli effetti del provvedimento, accordando alle banche la possibilità di applicare commissioni sulle linee di credito solo se non stipulate in violazione delle disposizioni adottate dal Cicr (il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio) ai sensi del decreto legge salva-Italia. Che prevede un tetto massimo per queste commissioni pari allo 0,5% trimestrale. Con il decreto del Governo si reintroduceva poi anche la commissione di istruttoria veloce introdotta dal salva-Italia per gli scoperti bancari.

Attorno a questo tassello si è però sviluppato un forte pressing dei partiti che, sin dall'esordio del decreto in Parlamento, hanno lavorato per tentare di porre un tetto. I relatori hanno quindi cercato di recepire queste istanze – alcuni senatori puntavano peraltro a ripristinare l'azzeramento delle commissioni – e hanno stabilito una "deroga" per le famiglie in difficoltà.
Dall'aula del Senato è poi arrivato il sì all'ampliamento dell'Osservatorio sull'erogazione del credito istituito presso il ministero dell'Economia: alle sue riunioni prenderanno parte anche i rappresentanti dei consumatori, delle imprese e dell'Abi.

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