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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2012 alle ore 06:42.
Riscatto anticipato senza impatto sui canoni già dedotti. È uno degli effetti del nuovo impianto normativo che, tuttavia, non chiarisce come recuperare, in caso di interruzione anticipata del contratto di leasing, la quota parte dei canoni temporaneamente non dedotta poiché eccedente i limiti fiscali.
Non considerando l'Irap (per cui non si creano disallineamenti tra valori civilistici e fiscali), la nuova disciplina, in presenza di contratti con durata più breve rispetto al periodo di deducibilità fiscale, impone di riprendere a tassazione ai fini Ires, durante la vita contrattuale, la differenza tra il canone imputato al conto economico e la quota massima fiscalmente deducibile. Importi destinati a essere recuperati, al termine del contratto, con variazioni in diminuzione nei limiti della quota massima fiscalmente deducibile del canone (si veda articolo in pagina).
Si tratta ora di vedere come l'utilizzatore possa recuperare i disallineamenti emersi durante il contratto, nel caso in cui effettui il riscatto anticipato del bene, esercitando anticipatamente l'opzione finale di acquisto (ma le stesse considerazioni valgono in caso di risoluzione anticipata).
Le ipotesi
Si ipotizzi un leasing immobiliare di 10 anni, con canoni di 90mila euro l'anno, deducibili in 18 esercizi nei limiti di 50mila euro l'anno, con ripresa a tassazione dell'eccedenza (40mila). In caso di riscatto anticipato dopo il terzo anno di decorrenza, sono tre le soluzioni individuabili per il recupero dei canoni eccedenti (40mila x 3=120mila):
- operare un recupero integrale (120mila) delle quote "sospese" nell'esercizio di chiusura del contratto;
- capitalizzare l'eccedenza sul costo fiscale del bene (pari al prezzo di riscatto), deducendola poi con il processo di ammortamento;
- recuperare l'eccedenza "sospesa" nei limiti dell'importo massimo dei canoni fiscalmente deducibili (50mila l'anno).
Quest'ultima soluzione appare la più coerente. Difatti, anche in caso di riscatto o risoluzione anticipata, i canoni pagati durante la vigenza del contratto non vedono mutare, per la sola interruzione anticipata del rapporto, la loro intrinseca natura. Al pari di quanto avverrebbe se il contratto non venisse interrotto, è ragionevole ritenere che i canoni non dedotti debbano trovare riconoscimento fiscale con variazioni in diminuzione da apportare nei limiti dell'importo annuale del canone fiscalmente deducibile, e ciò fino al complessivo riassorbimento dei valori fiscali sospesi. Tale soluzione, difatti, non presenta né salti di imposta né vantaggi o svantaggi per il fisco o per il contribuente.
Gli orientamenti
L'aver svincolato il riconoscimento fiscale dei canoni di leasing dalla durata contrattuale comporta poi il superamento dei dubbi sollevati dalla Cassazione (sentenza 17190/09) sulle conseguenze della risoluzione (o riscatto) anticipata. Contrariamente al consolidato orientamento di prassi (risoluzione 183/2000), la Suprema corte aveva ravvisato, in caso di risoluzione anticipata di un contratto di leasing immobiliare, i presupposti per l'emersione in capo all'utilizzatore di una sopravvenienza attiva imponibile pari ai canoni precedentemente dedotti. La durata effettiva del contratto, a seguito della risoluzione anticipata, era risultata inferiore alla durata (minima fiscale) prevista in sede di stipula e richiesta dalla precedente normativa.
Tuttavia, la pronuncia si può ritenere ormai superata alla luce della nuova versione dell'articolo 102 del Tuir.
Mar. Mar.
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