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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2012 alle ore 10:21.

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MILANO - Tocca ai sindaci vigilare sulle effettive «dimore abituali» dei coniugi che per il Fisco vivono in due Comuni diversi, e che di conseguenza possono pagare su entrambe le loro case l'Imu per l'abitazione principale accompagnata dalla detrazione, invece della più pesante imposta ordinaria.

La disciplina Imu corretta dal decreto fiscale e interpretata dalla circolare allo studio del ministero dell'Economia tratta infatti con un occhio di riguardo le coppie sposate e separate solo dal punto di vista geografico. La norma (articolo 4, comma 5, lettera a del Dl 16/2012) compie in realtà solo la prima mossa, quando spiega che se i componenti del nucleo famigliare hanno residenza e dimora abituale in due immobili diversi nello stesso Comune, l'aliquota leggera e la detrazione collegate all'abitazione principale spettano solo per uno dei due immobili. Il secondo passo è quello effettuato dalla bozza di circolare anticipata nei giorni scorsi, che nei casi in cui gli immobili in questione siano in due Comuni diversi consente di applicare a entrambi il trattamento fiscale "agevolato".
A moltiplicare la platea interessata da queste regole sono stati i quattro anni di abolizione dell'Ici sull'abitazione principale, che ha generato molte residenze in case al mare o in montagna, luoghi di residenza per il Fisco ma solo di vacanza per la realtà. La manovra, naturalmente, era elusiva e quindi illegittima già ai tempi dell'Ici, e sembrava destinata a tramontare definitivamente con la nuova imposta: l'intervento del correttivo, però, insieme al tassello aggiunto dalla bozza di circolare riaprono la partita. Non si tratta più di sfruttare un'esenzione, ma solo uno "sconto", tuttavia la convenienza c'è in ogni caso.

Le dinamiche dell'Ici, però, non possono essere trasportate automaticamente sul terreno dell'Imu, perché a impedirlo interviene un'importante novità portata dalle regole della nuova imposta. Per l'Imu, infatti, l'abitazione principale è quella in cui il contribuente ha la «residenza» e la «dimora abituale», e basta l'assenza di uno dei due requisiti a far scattare l'aliquota ordinaria e a cancellare la detrazione.
L'unificazione dei concetti di «residenza» e «dimora abituale» serve ovviamente a ostacolare le manovre di aggiramento del l'imposta, e dà ai Comuni un'arma normativa in più per controllare che la situazione dichiarata all'amministrazione finanziaria sia corrispondente con la realtà. Negli anni scorsi, in generale, le verifiche non sono state serrate, perché in molti luoghi di vacanza l'eccesso di residenze poteva facilmente essere stanato con una controllata alle utenze o alla tassa rifiuti. La raffica di tagli operati sui conti comunali, insieme al maggiore peso specifico della nuova imposta, danno però ai sindaci ragioni aggiuntive di bilancio e di equità per guardare con maggiore attenzione alla geografia fiscale del proprio Comune.

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TAG: Fisco

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