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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2012 alle ore 15:52.

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Praticanti avvocati sul piede di guerra. Il facile entusiasmo di molti praticanti legali che pregustavano la riduzione del loro periodo di praticantato da 24 a 18 mesi come previsto dal decreto "Cresci-Italia" approvato lo scorso gennaio, è stato smorzato a metá maggio dall'interpretazione della norma da parte del Ministero della Giustizia, che ha stabilito che non vi i sono margini per estendere la durata dei 18 mesi anche ai praticanti iscritti all'albo prima del 14 gennaio 2012.

In una nota, l'Unione Giovani Avvocati ha reagito osservando che «se si ritiene utile abbreviare il tirocinio forense non si comprende perché non si debba dare questa possibilità anche a chi lo ha iniziato prima della data fissata dal Ministero».

Ha fatto echo Ester Perifano, segretaria generale dell'Associazione Nazionale Forense, che ha affermato che «questi giochini nei riguardi dei giovani professionisti sono inaccettabili; ci si augura che il Ministro della Giustizia faccia al più presto un passo indietro, e restituisca alla norma il suo intento originario che era a favore dei giovani e del lavoro» .

La decisione del ministero è in netto contrasto con lo spirito del decreto secondo Marco Giacomello, che si sta facendo portavoce online attraverso il suo blog del malcontento della categoria.

«Inserire ulteriori paletti ed ostacoli a chi vuole entrare nel difficile mondo dell'avvocatura pare, in questo momento, davvero controproducente», commenta.

Giacomello sta attualmente svolgendo il periodo di pratica legale e, essendo iscritto all'ordine prima di gennaio 2012, sarebbe escluso dalle agevolazioni del decreto secondo l'interpretazione data dal Ministero.

«Poter usufruire dei 18 mesi di pratica mi permetterebbe invece di sostenere l'esame di abilitazione quest'anno rispetto a dicembre 2013. Sarebbe una grande opportunità per tutti i praticanti che potrebbero entrare nel vero mondo dell'avvocatura o almeno sostenere l'esame con un anno di anticipo», commenta.

Possibilità che permetterebbe agli abilitati di iniziare a seguire le cause in autonomia, con un probabile ritorno economico in quanto la retribuzione durante la pratica è spesso pari a zero.

Ma, aggiunge Giacomello, ridurre la durata non é l'unica misura necessaria a rilanciare lo strumento della pratica forense.

«A mio avviso andrebbe ripensata dalla fondamenta la pratica legale con un anticipo di parte della pratica all'ultimo anno di università, periodi obbligatori di tirocinio nei Tribunali, contatto diretto con la vera professione, i suoi strumenti, le sue prassi e l'attività di tutti i giorni e infine rimborsi spese decenti e obbligatori da parte degli studi legali nei confronti dei praticanti. Troppe volte si arriva alla fine dei 5 anni di università senza aver visto nemmeno un solo atto giuridico, un contratto o un parere e ci si trova poi spaesati e catapultati in un mondo lontanissimo da quello che si apprende nelle aule universitarie», conclude il praticante.

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