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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2012 alle ore 06:41.

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La cedolare non ha funzionato. Con il consuntivo delle entrate tributarie 2011, lo scorso marzo, il dato era già emerso ma ora, avvicinandosi il momento del saldo e con i dati del primo quadrimestre 2012, si può già ragionare su una delle tante belle speranze del governo precedente. Il risultato è che, rispetto alle previsioni di Giulio Tremonti nel 2010, siano a meno di un terzo.

Il meccanismo delineato nell'ambito del federalismo fiscale era basato su una speranza generosa: che grazie all'appeal della nuova tassa piatta (21% sui contratti di mercato e 19% su quelli «concordati") rispetto all'Irpef chi affittava in nero sarebbe uscito allo scoperto per mettersi in regola, spinto anche da una norma un po' terroristica: l'inquilino avrebbe potuto registrare in proprio il contratto, ottenendo così automaticamente un nuovo contratto con un canone bassissimo, pari al triplo della rendita catastale, di fatto da un quinto a un decimo dell'affitto di mercato nelle grandi città.

Messa così, la cedolare avrebbe dovuto essere un successone e invece così non è stato: 675 milioni versati nel 2011 come acconto, corrispondenti a circa 800 milioni a saldo, non sono neppure un terzo del previsto. Nel primo quadrimestre 2012 il gettito è stato pari a 4 milioni: se è vero che si tratta probabilmente di ravvedimenti operosi, dato che la cedolare segue le scadenze Irpef (giugno e novembre), sono però importi minuscoli anche sotto questo profilo, in termini statistici.

Le ragioni del falllimento non sono semplici. Si consideri anzitutto che i proprietari con aliquota Irpef marginale sino al 23% non erano e non sono interessati, perché di fatto vanno in pari (forse cominceranno a pensarci ora, dato che va profilandosi un riduzione al 5-7% della deduzione forfetaria del 15% dell'imponibile da locazione).
Si consideri, infine, la diffidenza naturale per ogni nuova forma di imposizione anche quando sia evidentemente conveniente; l'agenzia elle Entrate, tuttavia, non è stata in grado di fornire i dati sulle registrazioni avvenute nel 2011 da confrontare con l'anno precedente. Nonostante tutte queste considerazioni, però, l'enorme differenza tra previsioni e realtà sembra dimostrare che di quel 15% di locazioni in nero nessuna sia stata regolarizzata. Il fallimento della cedolare è proprio qui: concepita per ricondurre alla ragione gli evasori totali (stimati intorno al 20% come media nazionale), non li ha convinti.

Né c'è stata la corsa degli inquilini a denunciare al Fisco i proprietari: ed è comprensibile, considerando che spesso il rapporto personale tra locatore e locatario e l'affitto tenuto basso a spese dell'Erario sono due potenti deterrenti alla rottura. È vero che la denuncia avrebbe sortito un canone irrisorio ma forse non bastano le ragioni economiche per una rottura di un rapporto che spesso è fiduciario o addirittura di amicizia, per non parlare di quelle situazioni in cui l'affitto è davvero già basso, come nei piccoli centri.
Non solo: non essendo prevista una sanatoria per il passato, di fatto la registrazione avrebbe potuto attivare un accertamento sui cinque anni precedenti, o quanto meno con una verifica sulle utenza domestiche. Quindi una registrazione "senza rete" non poteva certo piacere agli evasori.

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