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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2012 alle ore 06:40.

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Non va bene che l'agenzia delle Entrate allarghi le ipotesi impositive oltre il perimetro stabilito dalla legge. Ma non va neppure bene che il legislatore fiscale introduca disposizioni antielusive che colpiscono in ordine sparso, caso per caso, senza alcun profilo di sistematicità. Come è avvenuto recentemente con la circolare 24/E del 15 giugno 2012 in materia di beni concessi in godimento a soci o familiari. L'articolo 2, commi 36 terdecies e seguenti, del Dl 138/2011 ha introdotto due disposizioni tra loro collegate, che prevedono da un alto l'indeducibilità dal reddito di impresa dei costi dei beni concessi in godimento ai soci o familiari per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato e dall'altro l'imputazione ai soci-utilizzatori di un reddito diverso pari alla differenza tra il valore normale ed il corrispettivo pagato all'impresa.
La circolare presenta due elementi molto criticabili che non erano emersi nei precedenti interventi (provvedimento del direttore dell'Agenzia del 16 novembre 2011). In ordine all'ambito soggettivo, l'Agenzia sostiene che per ragioni logico-sistematiche rientri nell'ambito di applicazione della norma anche l'imprenditore individuale che nella sfera privata utilizza beni della sua impresa commerciale. La norma di legge considera invece solamente i familiari dell'imprenditore (o eventualmente dei soci) e non l'imprenditore stesso. Con riguardo all'ambito oggettivo, non vengono inoltre esclusi i beni a deducibilità limitata (a meno che abbiano un valore inferiore a 3mila euro) e pertanto il loro utilizzo può generare un reddito diverso; questi beni sono considerati nella circolare soltanto con riferimento alla norma sulla indeducibilità assoluta dei costi; norma che, sostiene correttamente l'Agenzia, non si applica, in quanto si tratta di una fattispecie già regolata dall'articolo 164 del Tuir.
Coordinando le due interpretazioni si giunge alla conclusione che un imprenditore individuale che utilizza l'autovettura aziendale anche per scopi personali, da un lato continua a dedurre solo il 40% (80% per gli agenti di commercio) dei costi di gestione (con un tetto di 18.076 euro per il calcolo degli ammortamenti), e dall'altro deve farsi tassare su un reddito pari al valore di mercato dell'uso personale della auto. Senonché la parziale indeducibilità dal reddito di impresa dei costi di tali beni trova la sua giustificazione proprio nell'utilizzo anche personale dell'autoveicolo, che dunque si riteneva legittimato. Infatti, se una autovettura ha un costo di gestione annuo di 10mila euro, l'imprenditore individuale assoggetta ad Irpef l'importo di 6mila euro (quota di costo indeducibile), regolarizzando fiscalmente l'utilizzo privato della autovettura; l'aggiunta di un reddito diverso pari al valore di mercato dell'utilizzo del bene, rappresenta una duplicazione dell'imposta. Si ha così una tassazione sia dentro che fuori dell'impresa che finisce per penalizzare oltremisura una situazione (utilizzo dell'imprenditore individuale) che la norma di per sé neppure considera.
Va però detto che a volte, e forse anche in questo caso, le "estensive" interpretazioni dell'Agenzia prendono però le mosse da norme che, anziché disciplinare le fattispecie in modo organico, dettando regole antielusive di valenza generale, colpiscono singoli casi, lasciando all'interprete il difficile compito di portare queste disposizioni a sistema. Vero è, infatti, che la norma non richiama espressamente il caso che abbiamo sopra esaminato, ma di certo ben poco senso avrebbe una disposizione antielusiva che colpisse l'uso dell'auto da parte della moglie o del figlio dell'imprenditore, lasciando invece assolutamente immune l'utilizzo diretto, extraziendale, da parte del titolare. Il quale potrebbe, allora, assegnarsi l'auto in uso personale (senza tassazione a norma di legge, se non vi fosse la circolare 24/E) e subconcederla, come privato e non più come impresa, a moglie e figlio con buona pace delle finalità antielusiva della norma. Per non dire poi dei viaggi in cui il nostro titolare si muove in compagnia dei parenti. Sarebbe - seguendo la lettera della legge - una assegnazione esente (all'imprenditore) o tassata (al familiare)?
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