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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2012 alle ore 08:14.

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Terapia d'urto per 400mila cause. È su Cassazione e Corte d'appello che si concentra il progetto, ancora in fase di elaborazione, del ministero della Giustizia per aggredire lo stock di controversie arretrate che costituisce il vero debito pubblico sulle spalle dei tribunali. Con un'orizzonte di tempo definito, 10 anni per 100mila ricorsi giacenti in Cassazione e 5 anni per 300mila impugnazioni in appello, e l'arruolamento di una task force dedicata, potrebbe diventare possibile quella che sinora era rimasta utopia: un taglio deciso delle liti pendenti.

Il progetto del ministero, ancora soggetto a tutti gli aggiustamenti del caso, dovrebbe intervenire in maniera più soft sul primo grado, prevedendo da una parte un incentivo all'utilizzo del procedimento sommario di cognizione, e dall'altra, soprattutto, la costituzione dell'ufficio del giudice, una struttura a supporto dell'autorità giudiziaria con il compito di studiare la controversia, sia nelle ricadute dottrinali sia giurisprudenziali, e predisporre le bozze dei provvedimenti da adottare da parte del giudice.

Magistrati, avvocati e professori sarebbero allora arruolati per un lavoro a progetto. Un "pacchetto di mischia" di 230 magistrati onorari/consiglieri per meriti insigni, retribuiti in parte a cottimo (per l'appello). Con standard di produttività predeterminati e con scadenze da rispettare.
Sul piano del metodo, con l'intenzione di voltare pagina, rispetto all'esperimento non troppo riuscito delle sezioni stralcio, il Governo ha così istituito un tavolo di confronto con magistrati e avvocati per sondare la possibilità di procedere a un reclutamento straordinario di forze. Dopo un incontro interlocutorio con Consiglio superiore della magistratura e Associazione nazionale magistrati, martedì a essere consultati sull'efficacia del progetto saranno gli avvocati.

In Cassazione sono circa 100 mila i procedimenti su cui lavorare, per questo via Arenula avrebbe pensato ad aggregare avvocati e professori universitari, con il limite dei 65 anni di età, che si sono distinti per i loro meriti insigni, derogando alla proporzione con i togati. Se ad occuparsi dei procedimenti saranno 30 consiglieri il tempo stimato di smaltimento del lavoro è di circa 10 anni.
Passando in appello si dimezza il tempo necessario all'operazione ma sale a 200 unità il numero di "arruolati speciali" – da reclutare tra avvocati notai e magistrati questi ultimi non più in servizio – che sarebbero necessari per far diventare solo un ricordo le circa 300mila cause arretrate. Per tutti è previsto un compenso: stipendio per i "cassazionisti" e un cottimo, di 200 euro a pronuncia, per chi si occuperà del secondo grado.
L'incarico è però a termine, sarà infatti sarà revocato una volta raggiunto l'obiettivo di azzerare l'arretrato.
Comune, almeno per sommi capi, il procedimento che si verrebbe a delineare.
Con le cause arretrate affidate a collegi, sia in Cassazione sia in appello, costituiti in parte dalle nuove figure reclutate d'urgenza, ma con una presenza costante della magistratura togata cui sarebbe sempre affidata la funzione di presidente del collegio.
E quello delle risorse è indubbiamente uno degli ostacoli maggiori, visto che la stima fatta prevede un costo da sostenere di 36 milioni per l'intervento sulla Cassazione e 40 per quello sull'appello. Fondi da trovare anche grazie all'aumento del contributo unificato e di quella quota che dovrebbe comunque essere destinata al miglioramento dell'amministrazione giudiziaria.
Per trasformare l'idea del Governo in un decreto legge, vista l'urgenza sarebbe questa la strada, sembra però indispensabile la collaborazione dei diretti interessati.
Per quanto riguarda gli avvocati il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa aveva offerto all'ex presidente del senato Filippo Berselli, in occasione del salone della giustizia dello scorso anno, un esercito di 10 mila avvocati per smaltire l'arretrato civile.
Resta poi da vedere se l'idea del governo può rientrare in qualche modo in quel patto per la giustizia più volte invocato dall'Associazione nazionale magistrati per risolvere i problemi del sistema.
In particolare l'Anm considera l'arretrato civile ineliminabile senza un intervento su risorse e organici.

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