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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2012 alle ore 08:20.

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L'Italia detiene il non invidiabile primato della pressione fiscale, ma anche quello dei costi della compliance, cioè degli adempimenti. Il primo termine attiene alle grandi scelte di politica economica e non è facile da paragonare con la quantità e qualità dei servizi resi ai cittadini, diversi da Stato a Stato. Più agevole può e deve essere il confronto negli adempimenti, specie per quelli che attengono alle operazioni intracomunitarie o comunque disciplinati da direttive comunitarie.
L'iniziativa dell'agenzia delle Entrate che punta a una mappatura degli adempimenti entro il 30 settembre per poi tagliare quelli inutili (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) potrebbe essere una buona occasione. Lo Statuto del contribuente pone, del resto, una sfasatura minima di 60 giorni, prima che un nuovo obbligo entri in vigore. Ma questo non basta, come dimostrano le continue correzioni e proroghe che hanno interessato o stanno interessando adempimenti come lo spesometro, piuttosto che la comunicazione dei beni in leasing o di quelli utilizzati dai soci o familiari. È inutile uscire con una procedura, rispondere alle Frequently asked questions e concedere proroghe. Non vogliamo usare il termine concertazione: l'amministrazione finanziaria ha il pieno diritto di chiedere le informazioni veramente necessarie per lo svolgimento di una corretta e completa attività di accertamento, ma non può definire una procedura senza aver prima consultato i rappresentanti di aziende, professionisti e case di software, ai quali deve dire chiaramente qual è l'obiettivo della richiesta, unitamente a una quantificazione del recupero di evasione atteso, affinché si possa, a posteriori, verificare se i maggiori costi chiesti al sistema produttivo sono stati controbilanciati da un gettito effettivo, che non si sarebbe potuto ottenere altrimenti.
Ma quali potrebbero essere le semplificazioni da attuare? Iniziamo con quelle connesse alle direttive Ue:
- le autofatture vanno fatte solo se l'imposta è dovuta, prova ne sia che le istruzioni al modello Iva chiedono di non indicare quelle non imponibili o esenti;
- l'elenco fornitori per i servizi intracomunitari non è previsto dalla direttiva, quello per i beni è consentito a discrezione dello Stato, ma si potrebbe evitare, considerando che quasi nessuno Stato lo richiede;
- soprattutto si può arrivare al modellino unico con tre colonne (Stato di identificazione, partita Iva e importo) di cui ci sono esempi in Francia e Germania, Stati non certo teneri con gli evasori.
Per tornare agli adempimenti interni, per esempio, siamo in fase di ripensamento dello spesometro, che dovrà essere fatto – non si sa ancora come – anche per le microfatture di acquisto (pensiamo alle piccole utenze), in quanto è venuta meno la soglia di 3mila euro. La cosa più semplice sarebbe quella di dire che questo limite continua a esistere, ma che il contribuente può inserire tutte le fatture attive e passive. Come minimo bisogna ricordarsi della soglia di 300 euro, per la quale è ammessa l'annotazione cumulativa, e che quindi può non avere il supporto dei registri.
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