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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2012 alle ore 08:52.

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La Cassazione torna nel sottotetto, quello spazio un tempo destinato a ospitare ciarpame o semplicemente a restare vuoto per evitare pericoli di crolli e incendi, e ora potenziale e ambitissima mansarda. E torna per confermare il suo orientamento: se può servire all'uso comune è condominiale, se serve solo come «camera d'aria» è pertinenza del piano di sotto.

Le norme regionali hanno reso appetibile (e agibile) migliaia di solai, magari con piccole modifiche, dall'abbassamento dell'altezza media di 2,7 metri alla possibilità di alzare la falde del tetto. Ma molti, in realtà, non erano ufficialmente pertinenze di appartamenti bensì semplicemente "camere d'aria" immaginate per evitare un contatto diretto tra ultimo piano e tetto, che avrebbe creato non pochi problemi di caldo e freddo.
Ora, con le moderne tecniche di coibentazione, questo non è più un problema. Un problema è invece la proprietà di questi beni, che valgono anche molto: sono del condominio o dell'appartamento sottostante?

La polemica è andata avanti per decenni, sinché l'orientamento della Cassazione si è consolidato con un principio: non essendo il sottotetto espressamente ricompreso nel novero delle parti comuni individuate dall'articolo 1117 del Codice civile, l'appartenenza del sottotetto si determina in base al titolo e, in mancanza, in base alla funzione cui esso è destinato in concreto. Quindi, se si tratta di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell'appartamento dell'ultimo piano dal caldo, dal freddo e dall'umidità tramite la creazione di una camera d'aria, è pertinenza e proprietà esclusiva del proprietario dell'ultimo piano; mentre è una parte comune se è utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, perché in questo caso si può applicare la presunzione di comunione prevista dall'articolo 1117 del Codice civile, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia per le sue caratteristiche suscettibile di utilizzazione da parte di tutti i proprietari. In concreto, quindi, nella maggioranza dei casi il sottotetto è una pertinenza dell'appartamento sottostante, anche se naturalmente questo solleva le proteste degli altri condomini che si sentono defraudati se non di un'utilità comune (di fatto il sottotetto serve solo all'unità sottostante) quanto meno di un valore immobiliare.

Ma anche l'ultima pronuncia della II sezione civile della Cassazione, l'ordinanza 12840 (presidente Umberto Goldoni e relatore Aldo Carrato), depositata ieri, ha confermato l'orientamento.
Nel caso di specie, le Corti di merito avevano già verificato proprio che il sottotetto non era utilizzabile in alcun modo a scopi comuni (e anzi era collegato all'appartamento sottostante da una scala interna e non era accessibile da altre parti), e avevano già condannato il condomino che aveva promosso l'azione a 2mila euro di spese di risarcimento danni più tutte le spese giudiziarie e legali in primo e secondo grado. La Cassazione ha ritenuto il ricorso «manifestamente infondato» con ordinanza e ha ulteriormente condannato il ricorrente a pagare 1.700 euro di spese di giudizio.

Approfondimenti dalle banche dati del Sole 24 ORE

Legge

Codice civile
Gazzetta Ufficiale 4 aprile 1942, n. 79


Codice Civile [approvato con R.D. 16.03.1942, n. 262]

LIBRO TERZO. Della proprietà - TITOLO SETTIMO. Della comunione - CAPO SECONDO. Del condominio negli edifici

Giurisprudenza

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile

Sentenza 10 ottobre 2007, n. 21246


Corte di Cassazione, Sezione 2 civile

Sentenza 23 agosto 2007, n. 17928

Periodico

Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde Edizione del 9 novembre 2009, n. 87

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