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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2012 alle ore 06:39.
ROMA
«La previsione di dimezzare i compensi per il patrocinio a spese dello Stato, estesa ora anche alle cause penali, è una grave violazione del diritto di difesa». Nel mirino dell'Unione camere penali finisce l'articolo 9 del decreto che detta i parametri per la liquidazione delle spese legali che, nella sua seconda formulazione, allarga anche al settore penale il taglio netto del 50% dei compensi. «La riduzione decisa in prima battuta per il civile era inopportuna - spiega il presidente dell'Unione camere penali, Valerio Spigarelli - ma la scelta di estendere il taglio alle cause penali si traduce in una vera e propria negazione del diritto a una giustizia effettiva che colpisce chi vive sotto la soglia di povertà e non può rinunciare a difendersi. Se chi intenta un procedimento civile compie in genere una scelta, lo stesso non può dirsi per chi viene messo sotto accusa dallo Stato».
Pesanti, secondo Spigarelli, le conseguenze della decisione trasferita nel decreto ormai in procinto di approdare in Gazzetta. «Gli avvocati che danno la loro disponibilità alla difesa a spese dello Stato si iscrivono in un elenco particolare - sottolinea il numero uno dei penalisti - le persone ammesse al beneficio possono quindi selezionare il nome del legale dal quale vogliono essere rappresentate. Il rischio è che quella lista si riduca notevolmente non solo nella quantità ma anche nella qualità. Questo riguarda anche gli avvocati che difendono i minori, ruolo che richiede una particolare competenza. C'è anche da considerare che non si partiva da cifre elevate, in alcuni distretti si è arrivati a stimare il valore di una presenza in udienza in 20 euro». I penalisti uniscono questa motivazione alle ragioni che li hanno indotti a proclamare un'astensione dalle udienze dal 17 al 21 settembre.
Uno sciopero indetto da tempo - come ribadito dal presidente Spigarelli al ministro - per denunciare il consuntivo assolutamente deludente della legislatura in tema di giustizia. La protesta non si esaurisce, dunque, nel pur decisivo passaggio della riforma professionale e che non sarà revocata neppure nel caso venga accolta la condizione, «necessaria ma non sufficiente», di stralciare la posizione degli avvocati dal Dpr per andare verso uno Statuto che derivi da una fonte normativa primaria.
Il taglio che dimezza i compensi dei legali impegnati nel patrocinio a spese dello Stato non è certo sfuggito all'Associazione italiana giovani avvocati che annunciano un'impugnativa al Tar. «Gran parte dei redditi dei giovani avvocati derivano dar gratuito patrocinio - sostiene il presidente dell'Aiga Dario Greco - ora si dovrà aspettare da uno a due anni per avere cifre irrisorie.
È un provvedimento che mortifica il ruolo dell'avvocato. Per questo - conclude il leader degli under 40 -stiamo verificando i margini per impugnare il decreto davanti al Tar, decisione sulla quale abbiamo il supporto del Consiglio nazionale forense».
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