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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2012 alle ore 06:41.

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Non solo Napoli. Un arretrato pesante sui tre condoni edilizi dei decenni passati non c'è solo qui (si veda «Il Sole 24 Ore» di mercoledì 22 agosto), ma anche a Roma. Non è solo questione di dimensione urbana: ci sono anche capoluoghi di regione ad arretrato zero (Bologna) e centri piccolissimi, alcuni turistici, dove l'arretrato è al 90 per cento.

Spesso si è creata una situazione paradossale: molti fascicoli sono totalmente istruiti, ma restano fermi in attesa di adempimenti dei cittadini. Un po' perché il conto finale degli oneri di sanatoria è alto, un po' perché il Comune aveva accumulato un ritardo iniziale di anni e, quando lo ha colmato, i proprietari degli edifici non erano più interessati o si erano dimenticati della procedura in corso e non avevano più documenti.

A Roma restano 210mila pratiche, circa il 37% delle oltre 570mila presentate fra tutte e tre le sanatorie. Nel 2011 l'ufficio condono ha esaminato 6.723 pratiche, rilasciando 3.307 autorizzazioni in sanatoria. Per velocizzare, il Comune ha affidato a una sua società in house, Risorse per Roma, la gestione delle istruttorie; per contratto, dovrebbero essere esaminate 40mila pratiche l'anno, ma da gennaio ad aprile 2012 il ritmo è stato di circa 2mila al mese.

Va meglio a Bari, dove le pratiche da definire sono 7.600, circa il 22% del totale (34.560). Da inizio anno ne sono state chiuse circa 3.500 del condono '85. Le pratiche del 1994 e del 2003 che restano sono le più difficili, con vincoli paesaggistici o ambientali. Per il '94 circa 800 sono affidate a tecnici esterni e non sono ancora rientrate. L'amministrazione ha previsto di chiudere l'esame entro il 2013 con un progetto obiettivo affidato agli stessi dipendenti (che così possono guadagnare qualche extra, nonostante i tagli di bilancio).

Bologna, con dimensioni paragonabili a Bari, aveva più pratiche (63.806), ma le ha chiuse tutte, incassando 5.784.320 euro dalla sanatoria del 1985, 7.995.000 da quella del 1995 e 3 milioni da quella del 2003.

Le differenze dipendono non solo da efficienza degli uffici e complessità del territorio. Gioca anche la volontà degli amministratori, che talvolta preferiscono l'inerzia. Un po' per non dover bocciare pratiche "scomode", un po' perché i no implicano ordini di abbattimento ma poi è difficile trovare i fondi per eseguirli. Secondo alcuni, poi, nelle località turistiche può influire il fatto che anche gli abusivi pagano le imposte locali, con le aliquote alte stabilite per le seconde case; si perde il gettito sulle sanatorie approvate, che però non rientra nel bilancio preventivo e quindi – contrariamente alle altre imposte locali – non comporta un'autorizzazione a spendere la cifra corrispondente a quella appostata in bilancio.

In una zona difficile come la Penisola Sorrentina (con vincoli paesaggistici e rischio di frane), l'arretrato arriva a superare il 90% di Meta di Sorrento e nemmeno altri centri si distinguono per efficienza: a Sorrento è al 78%, a Piano è al 69% e a Massa Lubrense al 57 per cento.

Il Salento ha un territorio meno critico, ma a Casarano è paralisi e va male anche sul mare, ad Andrano, Melendugno, Vernole e Ugento. Quest'ultimo è uno dei paesi dove l'abusivismo ha più fatto parlare, anche per interi villaggi turistici e l'omicidio di un consigliere comunale; il Comune aveva costituito un ufficio ad hoc, senza successo. Dice Daniele De Fabrizio, presidente dell'Ordine degli ingegneri di Lecce, ha seguito molte sanatorie: «I Comuni lavorano nell'urgenza e non sanno gestire le pur qualificate risorse umane. Ai privati non conviene sollecitare, se non in caso di donazione o vendita. E gli uffici non controllano». Ci sono però casi virtuosi, come a Surano: 15 anni fa una commissione di due ingegneri smaltì tutte le pratiche.

hanno collaborato Massimiliano Scagliarini e M. Luisa Mastrogiovanni

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