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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2012 alle ore 08:14.

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MILANO
Il requisito della prova amministrativa che dimostri la presenza in Italia dello straniero almeno dal 31 dicembre 2011 rischia non solo di lasciare fuori dalla regolarizzazione tanti immigrati, ma anche di generare un grosso numero di contenziosi. Perché – in mancanza di una circolare esplicativa del ministero dell'Interno – a decidere sulla validità della prova saranno le questure, che potrebbero dare verdetti differenti.
«In questa regolarizzazione – denuncia infatti Lorenzo Trucco, presidente dell'Asgi, associazione studi giuridici sull'immigrazione – ci sono alcuni aspetti problematici, primo tra tutti quello della prova amministrativa, che rischia di favorire alcuni stranieri, per esempio quelli che hanno un decreto di espulsione».
Il decreto 109/2012 stabilisce che «la presenza sul territorio nazionale dal 31 dicembre 2011 deve essere attestata da documentazione proveniente da organismi pubblici». Un concetto «vago», secondo Salvatore Fachile dell'Asgi, che spiega: «Non si parla di pubbliche amministrazioni, concetto molto più restrittivo ma preciso. Si parla, invece, di "organismi pubblici"». Questo consentirebbe, secondo l'Asgi, di utilizzare come prova amministrativa anche documenti provenienti da aziende private che svolgono un servizio pubblico o dalle associazioni.
Per dimostrare la presenza in Italia prima del 31 dicembre 2011, quindi, potrebbe bastare una multa comminata allo straniero dal controllore di un mezzo pubblico, nel caso in cui il passeggero fosse stato sorpreso senza biglietto, oppure il certificato firmato da una associazione riconosciuta (come la Caritas, per esempio) attestante la partecipazione dell'immigrato alle attività associative. «Dovrebbero essere valide – spiega Fachile – anche tutte le prove riguardanti il diritto alla salute o all'istruzione». Potrebbe, quindi, essere sufficiente un referto medico del pronto soccorso o il documento attestante l'iscrizione a scuola dei figli di cittadini stranieri irregolari.
Il rischio, però, è duplice: da una parte ci sono le questure, che potrebbero trovarsi in disaccordo tra di loro e valutare diversamente una stessa prova. Dall'altra parte ci sono i datori di lavoro. «Il datore dovrà sborsare 5-6mila euro per questa regolarizzazione – spiega Fachile – e non lo farà certo a cuor leggero, per cui vorrà essere certo che il suo lavoratore abbia le carte in regola. Ma potrebbe non fidarsi di un attestato di una associazione o della multa dell'azienda di trasporti. Potrebbe temere che, dopo aver pagato tutti quei soldi, la sua domanda venga respinta a causa della documentazione dello straniero. E quindi, temendo un possibile rigetto, potrebbe rifiutarsi di regolarizzarlo».
Oltre a provare la presenza in Italia dal 2011, lo straniero dovrà indicare allo sportello unico la data e la frontiera di ingresso sul territorio italiano: per farlo, però, non servirà una "prova" ma basterà una semplice dichiarazione, che potrà essere resa anche da chi è entrato clandestinamente.
francesca.milano@ilsole24ore.com
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