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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2012 alle ore 10:11.

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MILANO - Per i giornali online non esiste obbligo di registrazione. Di conseguenza non può essere contestato il reato di stampa clandestina. Lo chiarisce definitivamente la Corte di cassazione ponendo termine al «caso Ruta» e annullando senza rinvio la sentenza della Corte d'appello di Catania che aveva confermato la condanna inflitta dal tribunale di Modica a Carlo Ruta, direttore del giornale telematico «Accade in Sicilia». Il reato per cui era stato sanzionato è quello, omessa registrazione della pubblicazione, previsto dagli articoli 5 e 16 della legge n. 47 del 1948.

La Cassazione con la sentenza n. 23230 della Terza sezione penale ha ribaltato la posizione dei giudici di merito, fornendo una lettura della legge sulla stampa in base alla quale il giornale telematico non risponde alle due condizioni ritenute essenziali per l'esistenza del prodotto stampa e cioè:
- un'attività di riproduzione tipografica;
- la destinazione alla pubblicazione del risultato di questa attività.
La normativa introdotta nel 2001 dalla legge n. 62 ha sì introdotto la registrazione dei giornali online, ma unicamente per ragioni amministrative e solo per la possibilità di usufruire delle sovvenzioni economiche previste per l'editoria (una previsione poi confermata da successivi passaggi legislativi che hanno sempre più legato l'adempimento con l'opportunità di accesso a contributi pubblici).

Inoltre, sottolinea a conclusione del suo ragionamento la Cassazione, l'estensione dell'obbligo di registrazione della testata telematica, con la conseguente applicabilità della sanzione penale, rappresenta un'interpretazione analogica in senso peggiorativo per l'imputato non consentita dai principi generali dell'ordinamento penale.
Di fatto la Cassazione ha così accolto le posizioni esposte nel ricorso contro la condanna della Corte d'appello. La difesa di Ruta aveva infatti messo in evidenza come il sito utilizzato rappresentava un semplice blog o sito internet e che non poteva rientrare nella definizione di stampa o stampato sulla base della definizione fatta propria dalla legge del 1948.
Di diverso avviso era stato il giudice unico di Modica, per il quale, invece, l'evoluzione della normativa porta all'estensione del concetto di prodotto editoriale sino a comprendere anche i prodotti realizzati su supporto informatico.

In questa prospettiva devono essere iscritte presso il registro tenuto dai tribunali civili le testate giornalistiche online pubblicate con periodicità «e caratterizzate dalla raccolta, dal commento e dall'elaborazione critica di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale, dalla finalità di sollecitare i cittadini a prendere conoscenza e coscienza di fatti di cronaca e, comunque, di tematiche socialmente meritevoli di essere rese note».
Delineata questa cornice in termini generali, la sentenza di condanna si soffermava sulla natura del blog sottoposto alla sua valutazione per concludere che la sua fisionomia lo fa rientrare tra i «prodotti editoriali» da registrare. Tanto più, avvertiva l'accusa, che era stato lo stesso imputato, a definire nella testata la propria pubblicazione come giornale.

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