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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2012 alle ore 10:21.

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Tributi Italia spegne di nuovo i motori e i comuni li riaccendono per incassare imposte e tasse. Il Tar del Lazio, al quale la società si era rivolta per appurare nel merito la legittimità della cancellazione dall'Albo dei concessionari – disposta per delibera il 9 dicembre 2009 dal ministero dell'Economia – il 27 gennaio ha respinto il ricorso della società. In questo modo, ha annullato la sospensione dell'efficacia della delibera ministeriale, in precedenza accordata dallo stesso Tar per poter giudicare poi nel merito, e ha dunque cancellato di fatto e di diritto la società dalla casella numero 75 dell'Albo dei riscossori

Immediata la risposta di Tributi Italia, che ieri mattina ha spedito al Consiglio di Stato la richiesta di un nuovo provvedimento cautelare d'urgenza (in attesa, anche qui, del merito) con il quale sospendere, ancora una volta, l'efficacia della cancellazione.

Una situazione sempre più complessa, anche perché i fatti si susseguono. Ieri, ad esempio, Tributi Italia ha dovuto sospendere l'invio di 86.974 preavvisi di pagamento in scadenza a fine gennaio per Ici, Tosap e Cosap e 1.053 ingiunzioni a seguito di verbali per infrazioni al codice della strada. Il valore complessivo del gettito è di circa 13,4 milioni.
Non solo. Il 26 gennaio il Tribunale di Roma, sezione fallimentare, aveva concesso 30 giorni di tempo perché Tributi Italia presentasse richiesta di concordato preventivo.

Ai comuni coinvolti dalla gestione di Tributi Italia (circa 500) non resta che seguire le indicazioni ministeriali: agire in economia (vale a dire riscuotere in proprio) o bandire una nuova gara (cosa che molti comuni hanno già fatto, confermando le motivazioni, vere o presunte, che spingono molti enti a esternalizzare il servizio di riscossione delle entrate patrimoniali).

Il merito della sentenza del Tar (emessa in Camera di consiglio il 13 gennaio ma depositata il 27) è netto. Oltretutto, nella sua opposizione, il ministero era supportato dai comuni laziali di Aprilia e Pomezia e da quello campano di Giugliano.

In filigrana della sentenza si può leggere che le motivazioni con cui il ministero ha disposto la cancellazione della società, vale a dire la serie di irregolarità, ritardi e lenta dissolvenza imprenditoriale, in realtà sempre negate da Tributi Italia, sono state fatte proprie dai giudici amministrativi di primo grado. In particolare, si legge che la commissione ministeriale «è pervenuta alla cancellazione non perché, in passato, v'erano stati anche seri e gravi inadempimenti da parte della ricorrente verso un certo numero di enti concedenti, ma dopo che, a seguito di un prolungato e sostanzialmente irreversibile stato di crisi stutturale di tal società, v'è stato un accertamento, in contraddittorio con questa, dell'impossibilità di rimuovere siffatte criticità e di mantenere un rapporto fisiologico con gli enti».

Secondo i magistrati, il provvedimento di cancellazione è animato da una «una lunga e tortuosa vicenda, fatta valere in via di denuncia da parte di svariati enti al ministero, che manifesta almeno la tendenziale ma certa incapacità di tal società di mantenere i rapporti in modo preciso e impeccabile».

In attesa di conoscere gli esiti della prossima tappa, sul campo ci sono 1.100 dipendenti di Tributi Italia ai quali non resta che sperare nella mano pubblica. Equitalia attende con interesse la fine della controversia, così come le società private, pronte a dividersi la fetta di torta abbandonata sul vassoio delle entrate locali da Tributi Italia.

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com

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