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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2012 alle ore 21:30.

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Dovrebbe arrivare mercoledì mattina il via libera della Camera alla riforma dell'ordinamento forense. L'empasse creato dall'approvazione - malgrado il parere sfavorevole della commissione bilancio - dell'emendamento che prevede il raddoppio dell'esame di stato sarà superato lasciando decadere l'intero articolo 46.

La commissione bilancio ha, infatti, confermato il suo no, a una modifica giudicata inopportuna sia dalla commissione giustizia sia dal governo, perché considerata in contraddizione con l'obiettivo di far scendere il numero dei legali.

Lo statuto degli avvocati,malgrado le modifiche apportate in prima battuta dal senato, poi dalla commissione e, infine dalla Camera, ha "tenuto" su alcuni punti, considerati centrali dall'avvocatura. Il testo prevede un ampliamento della consulenza e dell'assistenza legale stragiudiziale «se svolta in modo, continuativo, sistematico e organizzato». E' battaglia vinta anche sul socio di capitale, che sparisce per le società tra avvocati, "aperte" solo ai colleghi.

Per finire i legali la "spuntano" anche sul preventivo, che non sarà più obbligatorio ma su richiesta, e sui parametri, che potranno essere usati anche come criterio orientativo con il cliente.
Ora la palla passa al Senato dove il presidente della Commissione giustizia, Filippo Berselli, si è impegnato a licenziare la norma, a tempo di record, senza ulteriori interventi.

Ma una modifica certamente la vogliono i penalisti, del tutto insoddisfatti dell'articolo 9, che affida il compito di organizzare i corsi di specilizzazione alle facoltà di giurisprudenza «con le quali il Cnf e i consigli degli ordini territoriali possono stipulare convenzioni». Per i giovani avvocati e per l'Organismo unitario dell'avvocatura sarebbe opportuno rivedere le regole sulla rappresentanza. Ma questo potrebbe costare la riforma, a causa dei tempi stretti della legislatura.
Ed è una responsabilità difficile da sostenere.

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