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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2012 alle ore 06:42.

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Il diritto alla detrazione Iva è subordinato alla circostanza che il committente non abbia avuto consapevolezza della falsità delle fatture. Pertanto, anche l'accertamento basato sulla presunta inesistenza soggettiva delle fatture è illegittimo laddove il committente riesca a provare la propria buona fede attraverso una serie di elementi che consentono di poter escludere non solo la conoscenza ma anche la conoscibilità di tale circostanza, secondo criteri di media diligenza. È quanto emerge dalla sentenza 136/03/2012 della Ctr Umbria.
La pronuncia scaturisce da una verifica fiscale condotta nei confronti di una ditta individuale al termine della quale emergeva, secondo i verificatori, l'emissione negli anni 2005 e 2006 di alcune fatture ritenute soggettivamente inesistenti verso una Srl. A quest'ultima, dunque, venivano successivamente notificati due avvisi di accertamento (sempre per 2005 e 2006), recuperando a tassazione i costi esposti nelle fatture contestate e rettificando per ciascun anno maggiore Ires, Irap e Iva ritenuta indetraibile, oltre a sanzioni e a interessi.
In sostanza, la ditta individuale – secondo l'amministrazione – aveva emesso fatture nei confronti della società accertata per operazioni in realtà svolte da un altro soggetto che la ditta incaricava e provvedeva autonomamente a pagare.
La società ha impugnato nel 2011 i due atti di accertamento chiedendone l'annullamento, attraverso la dimostrazione della sua buona fede e non conoscenza dei comportamenti scorretti della ditta individuale a cui aveva affidato da anni lavorazioni molto semplici e che venivano effettuate puntualmente e bene, a fronte della consegna in comodato d'uso delle attrezzature necessarie.
I ricorsi riuniti sono stati respinti in primo grado con un'unica sentenza. L'appello, invece, è stato accolto dalla Ctr. In realtà, tra la sentenza di primo grado (sfavorevole) e quella dei giudici regionali, la normativa in materia di indeducibilità dei costi da reato è cambiata. Infatti, inizialmente il recupero a tassazione ai fini Ires e Irap dei costi da reato (derivanti dal pagamento di fatture ritenute soggettivamente inesistenti) era giustificato dall'articolo 14 della legge 573/1993. Ma l'articolo 8 del Dl 16/12 (convertito dalla 44/12) ha stabilito la deducibilità del costo relativo a fatture soggettivamente inesistenti ai fini delle imposte dirette, anche per atti posti in essere prima dell'entrata in vigore della nuova disposizione (come poi confermato dalla circolare 32/E/2012). Pertanto, alla luce della nuova disposizione applicabile con effetto retroattivo, la Ctr ha annullato gli avvisi di accertamento per quanto attiene ai recuperi Ires e Irap.
Per quanto riguarda l'Iva, invece, stati dichiarati comunque illegittimi gli accertamenti emessi dall'ufficio in quanto la società ricorrente è riuscita comunque a dimostrare la propria buona fede e, dunque, il proprio diritto alla detrazione dell'imposta applicata sulle fatture soggettivamente inesistenti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In sintesi
01|IL CASO
Il fisco ha emesso due avvisi di accertamento nei confronti di una società verso cui erano stati emesse fatture sogettivamente inesistenti
02|LA DECISIONE
La Ctr ha stabilito che l'accertamento basato sulla presunta inesistenza soggettiva delle fatture è illegittimo nella circostanza in cui il committente riesca a provare la propria buona fede attraverso una serie di elementi che consentono di poter escludere non solo la conoscenza ma anche la conoscibilità di tale circostanza. Mentre sono state annullate le rettifiche Ires e Irap per l'entrata in vigore delle nuove norme sui costi da reato

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