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Questo articolo è stato pubblicato il 25 dicembre 2012 alle ore 09:59.

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Neppure la casa si salva dall'aumento dell'Iva dal 21 al 22%, previsto a partire da lunedì 1° luglio 2013 dalla legge di stabilità votata la scorsa settimana dal Senato. Certo, in molti casi continueranno ad applicarsi le aliquote ridotte al 10% e al 4%, ma molti proprietari sperimenteranno il ritocco all'insù del l'aliquota standard.

Tralasciando le semplici spese di gestione quotidiana degli immobili, l'Iva al 22% impatterà su una buona parte degli interventi di risistemazione.
Prima di tutto si applicherà alle parcelle professionali di geometri, architetti e ingegneri ingaggiati in occasione di lavori di ristrutturazione. Ma anche ai compensi per la certificazione energetica da allegare al rogito in caso di compravendita o da inserire negli annunci immobiliari di vendita o locazione. Ricade, poi, nel perimetro dell'Iva al 22% anche tutto il settore dell'arredamento, dei mobili e degli elettrodomestici.

Il quadro è più sfumato, invece, sui lavori veri propri, cioè sugli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nelle abitazioni. Quando il proprietario sceglie la via del fai-da-te o comunque acquista direttamente i materiali – come ad esempio vernice e pennelli – si applica semplicemente il 22 per cento. Al contrario, quando l'intervento su un edificio a prevalente destinazione abitativa è affidato a un'impresa, si rientra nel campo dell'Iva agevolata al 10% per l'edilizia, che è stata resa permanente dalla Finanziaria 2010.

Tra questi due estremi ci sono però una serie di situazioni intermedie più o meno complicate da gestire per i privati e le imprese, come l'acquisto con posa in opera o l'acquisto dei cosiddetti "beni finiti" (in pratica, prodotti pronti per l'installazione, come i termosifoni) o dei "beni significativi" (una serie di prodotti elencati da un decreto del 1999, dalle finestre ai sanitari del bagno, che scontano in parte l'Iva al 10% e in parte ad aliquota standard). E resterà anche un'area – piccola, per la verità – in cui si applicherà l'aliquota al 4%, prevista per l'acquisto e la costruzione della prima casa e per la rimozione delle barriere architettoniche.

Tecnicamente, tutta l'operazione sarà una replica di quanto accaduto il 17 settembre 2011, con l'aumento dell'aliquota Iva dal 20 al 21 per cento. Ma non bisogna dimenticare che nel frattempo la crisi economica è peggiorata e il mercato immobiliare – bloccato anche dal crollo delle erogazioni di mutui – ha iniziato una fase negativa le cui conseguenze sono ancora tutte da verificare.

Diventa impossibile, allora, prevedere se sia più alto il rischio di una spinta inflazionistica con un arrotondamento dei prezzi, che pure ci fu all'indomani del 17 settembre, o se invece sia più pericoloso l'effetto di ulteriore depressione dei consumi e della domanda interna.
Oltretutto, l'aumento dell'Iva coinciderà con la fine della detrazione extra large del 50% sul recupero edilizio e con il 55% per il risparmio energetico, destinati proprio dal 1° luglio 2013 a tornare al 36 per cento. Ecco perché non è escluso che il nuovo Governo decida di rimettere mano al dossier Iva, per scongiurarne definitivamente il rincaro. Dopotutto, servirebbe molto meno dei 6,5 miliardi di euro citati dalla norma contenente la clausola di salvaguardia con l'aumento delle imposte indirette: quella cifra, infatti, tiene ancora conto dell'aumento dell'aliquota al 10%, che la legge di stabilità ha cassato.
twitter@c_delloste

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