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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2013 alle ore 13:05.
Chi sconta la pena agli arresti domiciliari ha il diritto di lavorare se la sua famiglia non ha altri mezzi di sostentamento.
Con la sentenza 1480 la Corte di cassazione invita a mostrare il volto umano della pena e annulla il rifiuto che il tribunale aveva opposto alla richiesta del ricorrente di lasciare l'abitazione familiare nella quale stava scontando la condanna per recarsi sul posto di lavoro.
A corredo della sua domanda aveva presentato anche un documento nel quale il responsabile di un centro sanitario ortopedico dichiarava la sua disponibilità ad assumerlo.
I giudici di merito avevano però negato il permesso pur ritenendo provato l'assoluto stato di indigenza della famiglia che non poteva "svolgere altrimenti le sue indispensabili esigenze di vita". Alla base del no c'era la mancata indicazione dell'orario di lavoro che il condannato avrebbe dovuto osservare. Troppo poco per negare il beneficio che l'articolo 284 comma 3 del codice di rito riconosce a chi si trova in condizioni economiche estremamente disagiate.
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