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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2013 alle ore 06:42.

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La nuova responsabilità solidale negli appalti (articolo 13-ter del Dl 83/2012) non si applica né alle prestazioni dei professionisti né ai contratti di semplice fornitura di beni o servizi (come trasporto e noleggio). Questo principio, che deriva da un'interpretazione letterale della norma e dalle regole che informano la disciplina degli appalti, non sembra essere stato ancora metabolizzato dalle imprese committenti, che continuano a inondare di richieste consulenti e prestatori per ottenere da questi ultimi l'agognata autocertificazione che li "esclude" dall'applicazione delle relative sanzioni.
A dire il vero anche negli ultimi convegni in cui sono intervenuti esponenti del l'agenzia delle Entrate le risposte hanno sempre rinviato a una circolare di prossima pubblicazione che dovrebbe definitivamente chiarire il punto.
La specifica normativa va comunque riportata necessariamente nell'ambito giuridico del contratto di appalto. Questa lettura della portata della norma discende dal dettato della disposizione, che espressamente si rivolge ai contratti di appalto di opere e servizi e, sul piano soggettivo individua come destinatari delle nuove regole l'appaltatore, il subappaltatore e il committente.
L'appalto si caratterizza per la presenza di un fare, e questo sin dalla definizione normativa dell'articolo 1655 del Codice civile: «L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro». Questo esclude tutti quei contratti in cui invece abbia una prevalenza l'aspetto del dare (compravendita, somministrazione, locazione, eccetera).
La definizione normativa di appalto fa specifico riferimento a «opere» o «servizi»; il fatto che nell'ambito della normativa comunitaria (e poi nazionale) sui contratti pubblici sia comunemente assimilata anche la «fornitura», non può fare sorgere alcun dubbio in ordine al l'esclusione dei contratti privati di fornitura dalla norma in questione. Ciò sia perché la norma in questione esclude espressamente i contratti pubblici dal proprio spettro applicativo, sia perché il nuovo comma 28 recita: «In caso di appalto di opere o di servizi», non includendovi le forniture (si deve registrare l'incongruità della menzione agli «appalti di opere, forniture e servizi» operata al comma 28-ter, mutuata dalla terminologia degli appalti pubblici, e incoerente con il comma 28 che invece chiaramente delinea l'ambito applicativo della solidarietà ai soli appalti di opere o servizi): in assenza di un'interpretazione autentica del legislatore, non può che prevalere la prima disposizione, la quale individua l'ambito applicativo sostanziale della norma, rispetto alla seconda che ne fa un mero – ed erroneo – richiamo al solo fine di specificare che deve trattarsi di appalti soggetti a regime Iva). La stessa agenzia delle Entrate, nella circolare n. 40/E dell'8 ottobre 2012, avvalora tale impostazione laddove riconosce che tale ultima disposizione normativa «ha modificato la disciplina in materia di responsabilità fiscale nell'ambito dei contratti d'appalto e subappalto di opere e servizi».
Andrebbero parimenti esclusi quei contratti che costituiscono locazione d'opera professionale, rispetto ai quali sia la Corte dei conti (Sezione regionale di controllo per la Lombardia - deliberazione n. 37 del 4 marzo 2008) che il Consiglio di Stato (IV sezione, 29 gennaio 2008 n. 263) hanno segnato una chiara differenza rispetto all'appalto, in particolare per l'inesistenza di una «organizzazione di impresa» che caratterizza invece l'appalto.
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