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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2013 alle ore 06:44.
Non commette reato il papà disoccupato che non versa l'assegno di mantenimento al figlio, se ha un'indennità di disoccupazione insufficiente a garantirgli il minimo sostentamento. Lo ha chiarito la Cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza 7372/2013.
Coinvolto nella vicenda un padre, accusato, in sede penale, di violare gli obblighi di assistenza familiare. In particolare, al l'uomo è stato contestato il mancato versamento delle somme mensilmente dovute per il mantenimento del figlio minore, necessarie per assicurargli i mezzi di sussistenza. L'inadempienza, protratta per sei mesi, ha portato il tribunale a emettere sentenza di condanna, poi confermata in appello. L'omesso pagamento del dovuto – hanno scritto i giudici di merito – giustifica appieno la responsabilità per il reato regolato dall'articolo 570 del Codice penale, perché è ininfluente «il comprovato stato di disoccupazione a fronte della altrettanto accertata percezione della indennità di disoccupazione senza che questa, neppure in minima parte, sia stata destinata al sostentamento del minore».
Ma l'uomo ha presentato ricorso per Cassazione. La corte d'appello – ha precisato il suo legale – non avrebbe considerato la concreta situazione di difficoltà economica in cui versava l'assistito. Si sarebbe dovuto prendere atto, piuttosto, che l'uomo viveva in una condizione che gli impediva di provvedere al mantenimento del figlio, visto che neppure l'indennità di disoccupazione gli consentiva di far fronte ai propri obblighi. Secondo l'avvocato, dunque, il collegio avrebbe dovuto applicare l'esimente prevista dall'articolo 45 del Codice penale, perché la violazione dei doveri era imputabile non alla volontà dell'uomo, ma a un'oggettiva impossibilità, sopravvenuta nel tempo.
La Cassazione concorda e accoglie il ricorso. La condanna per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare – spiegano i giudici – non può prescindere da un vaglio scrupoloso circa la concreta «incidenza del riscontrato stato di disoccupazione» sulla possibilità di adempiere puntualmente agli obblighi di assistenza che gravano sul genitore, considerando la posizione della prole. Infatti, se il solo stato di disoccupazione, non è elemento sufficiente per escludere il dovere di fornire sostentamento alla famiglia, può però esserlo la documentazione, allegata da parte dell'interessato, che comprova «difficoltà economiche tali da tradursi in un vero e proprio stato di indigenza economica». La Cassazione si allinea all'orientamento di giurisprudenza (tra cui la pronuncia 5751/2010), che sostiene la necessità di accertare se lo stato di disoccupazione sia realmente legato a uno stato di indigenza, visto che l'obbligato potrebbe disporre di mezzi economici, diversi da quelli di fonte lavorativa, che gli permetterebbero di provvedere ai versamenti. L'accertamento, però, è mancato nel caso concreto, visto che i giudici di merito, confermata la prima condanna, sul solo presupposto che il ricorrente, pur godendo di un sussidio di disoccupazione, non ne avesse mai distratto una quota per il pagamento dell'assegno di mantenimento. In realtà, sottolinea la Cassazione, sarebbe stato necessario quantificare l'esatta consistenza dell'indennità, così da accertare se l'imputato avesse, o no, la possibilità di dedicarne una parte all'adempimento del l'obbligazione per garantire i mezzi di sussistenza al figlio minore «senza per questo mettere in gioco gli elementi minimi del proprio sostentamento». Di qui l'annullamento, con rinvio, della decisione impugnata.
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Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana 26 ottobre 1930, n. 251
Codice Penale [approvato con R.D. 19.10.1930, n. 1398]
LIBRO SECONDO. Dei delitti in particolare - TITOLO UNDICESIMO. Dei delitti contro la famiglia - CAPO QUARTO. Dei delitti contro l'assistenza familiare
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