Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2013 alle ore 07:53.

My24

Primo stop della Cassazione all'utilizzo processuale della Sindrome di alienazione parentale (Pas) nelle controversie sull'affidamento dei figli minori. Intervenendo sul caso accaduto in Veneto e che lo scorso autunno aveva occupato per giorni le cronache, la Prima sezione civile (sentenza 7041/13, depositata ieri) mette in dubbio la fondatezza scientifica della Pas. Un cambio d'indirizzo rispetto alla sentenza 5847 depositata appena l'8 marzo scorso dalla stessa sezione (sia pure in composizione diversa).

Nella sentenza di ieri si invitano i giudici di merito – anche a prescindere dal rimando nominalistico della Ctu a questa dottrina - a valutare attentamente la situazione di fatto, motivando i rilievi delle parti, prima di revocare la potestà genitoriale e disporre l'allontanamento coatto dei figli.
Nel rinviare gli atti alla Corte d'appello di Brescia, la Prima sezione ha annullato il decreto del Tribunale minorile di Venezia che aveva allontanato il ragazzino dalla famiglia materna, collocandolo in una comunità protetta per ricostruire gradualmente i rapporti con il padre. Verso di lui, motivava la corte di merito, il piccolo aveva nel tempo sviluppato un sentimento di «odio e rifiuto» provocato dall'atteggiamento della madre e che rischiava di originare «uno sviluppo alterato irreversibilmente dalla situazione patogenetica».
Nonostante la prudenza del giudice veneto – che non citava la Pas nella sua pronuncia – la Cassazione ha smontato sui due versanti la dottrina della Pas. Dal punto di vista scientifico, scrive il relatore, la Pas «non è riconosciuta dal manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali» anche perchè nel frattempo «vari autori hanno sostenuto che la Pas sarebbe un costrutto pseudoscientifico» come scritto in una nota del 2010 della National District Attorneys Association che la reputava «in grado di minacciare l'integrità del sistema penale e la sicurezza dei bambini vittima di abusi».

Queste criticità dottrinali, secondo la Cassazione, avrebbero dovuto essere essere affrontate nella motivazione del decreto di revoca della genitorialità: il giudice di merito «anche avvalendosi di idonei esperti deve verificare il fondamento, sul piano scientifico» di una consulenza che devia dalla scienza medica ufficiale. Anche se «in materia psicologica (...) il processo di validazione delle teorie in senso popperiano può non risultare agevole» ciò «non deve indurre a una rassegnata rinuncia, potendosi ben ricorrere alla comparazione statistica dei casi clinici». Perchè, chiosa la Corte, in ambito giudiziario soluzioni prive del necessario conforto scientifico rischiano di «produrre danni ancor più gravi di quelli che le teorie ad esse sottese pretendono di scongiurare».

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi