Irap, rebus per due milioni tra professionisti e piccole imprese. Dagli avvocati ai taxisti, ecco chi paga e chi no
Fisco e incertezza sono ormai l'equazione perfetta. Quando si parla di Irap è ancora più vero. Si ripropone ancora una volta il dilemma per quasi due milioni tra professionisti e piccoli imprenditori il dilemma se pagare o meno l'imposta. La legge di stabilità del 2013 ha previsto un fondo per l'esenzione che però scatterà solo dal 2014 e comunque dispone di risorse limitate. Mentre la sentenza 11157/2013 della Suprema corte ha di fatto precluso la strada dell'esonero per l'impresa familiare. Così per prendere una decisione bisogna fare almeno tre verifiche e cercare qualche appiglio nei precedenti della Cassazione e delle Commissioni tributarie. Per evitare il prelievo bisogna non essere responsabili di un'organizzazioni e non avere dipendenti in pianta stabile o non utilizzare beni strumentali in misura superiore rispetto al minimo necessario. Facile a dirsi, molto più completato da tradurre in pratica, proviamo allora a vedere le situazioni (comunque particolari e mai generalizzabili a tutti i contribuenti di quella categoria) in cui le sentenze hanno fatto finora chiarezza. Fermo restando che i diretti interessati possono sempre scegliere la via più sicura di pagare (per evitare poi brutte sorprese) e poi chiedere il rimborso non oltre i quattro anni dal versamento.
di Giovanni Parente
1. Avvocato
L'assenza di dipendenti o collaboratori in pianta stabile e un utilizzo non eccessivo di beni strumentali per lo studio sono due appigli fondati per valutare un'esenzione. Ma bisogna comunque prestare molta attenzione. Al crescere del volume d'affari e dell'organizzazione le chance sono poche o nulle. Deve infatti pagare, per esempio, l'avvocato che deduce elevate quote di ammortamento, possiede due studi, utilizza personale dipendente e collaboratori (Cassazione, ordinanza 3435/2012)
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