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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2013 alle ore 06:44.

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Corruzione del Fisco
Con la sentenza 9079 del 25 febbraio, la Cassazione ha precisato che incorre in responsabilità amministrativa la società che, per concludere una transazione che limiti la restituzione all'Erario delle imposte evase, corrompe i funzionari dell'agenzia delle Entrate. In particolare, respingendo il primo motivo del ricorso della società accusata di corruzione, la Suprema corte ha precisato che, perché si configuri la responsabilità amministrativa dell'ente, non è necessario accertare che dalla corruzione sia scaturito un vero e proprio profitto per l'impresa.
Tuttavia, secondo la Cassazione, non può essere disposta l'interdizione dalla contrattazione con la Pa dell'ente corruttore solo sulla base della differenza tra la transazione ottenuta con l'ufficio delle Entrate con la corruzione e la somma totale delle imposte evase e, dunque, dovute. Per disporre l'interdizione, infatti, i giudici devono necessariamente accertare che la società corruttrice ha conseguito un profitto rilevante.
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La massimeA CURA DI Rosanna Acierno
Intesa a favore dell'evasione
In base al decreto legislativo 231/2001, è responsabile la società che corrompe i funzionari dell'agenzia delle Entrate per concludere una transazione che limiti la restituzione al Fisco delle imposte evase, a prescindere dall'eventuale conseguimento di un vero e proprio profitto
(Cassazione, sentenza 9079 del 25 febbraio 2013)
Le sanzioni non cadono
L'eventuale prescrizione del reato presupposto previsto dal decreto legislativo 231/2001 non comporta anche la prescrizione della sanzione all'ente, ma solo l'impossibilità per il Pm di contestarla, con la conseguenza che se tale contestazione è già avvenuta si seguono le ordinarie regole sulla prescrizione del Codice civile (Cassazione, sentenza 20060 del 9 maggio 2013)
Sì alla responsabilità
La responsabilità amministrativa degli enti sussiste anche se si tratta del semplice "tentativo" di commissione dei reati previsti dal decreto legislativo 231/2001. Pertanto, sono applicabili le misure in via cautelare anche quando l'illecito non si è definitivamente consumato (Cassazione, sentenze 7718 del 20 febbraio 2009 e 16526 del 21 gennaio 2010)
Responsabilità estesa
Lo studio professionale costituito in forma di società è soggetto all'interdizione dall'esercizio dell'attività nel caso in cui dall'affare illecito abbia guadagnato un profitto elevato oppure nell'ipotesi in cui la condotta criminale si sia reiterata nel tempo
(Cassazione, sentenza 4703 del 7 febbraio 2012)
Coinvolte persone diverse dall'imprenditore
Ribaltando un precedente orientamento, la Cassazione ha precisato che spesso le imprese individuali ricorrono a un'organizzazione interna complessa per la soluzione di determinate problematiche, coinvolgendo la responsabilità di soggetti diversi dall'imprenditore che operano nell'interesse dell'impresa individuale (Cassazione, sentenza 15657 del 20 aprile 2011)
La delega va accettata
In materia di sicurezza sul lavoro, è possibile trasferire la responsabilità amministrativa al delegato. L'atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato l'incarico (Cassazione, sentenza 25359 del 30 maggio 2012)
Società libera da responsabilità
Secondo la Corte d'appello di Milano, i modelli organizzativi, se adottati prima della commissione del reato e adeguatamente strutturati, salvano la società dalla responsabilità da decreto legislativo 231/2001 anche nel caso di "reati presupposto" integrati dagli organi di vertice (Corte d'appello di Milano, sentenza 1824 del 21 marzo 2012)
Gravi indizi di colpevolezza
Il sequestro preventivo dei beni della società è legittimo solo se disposto in presenza di gravi indizi di colpevolezza. Gli indizi devono possedere una gravità tale da permettere al giudice di avvicinarsi, per quanto sia possibile in tale fase procedimentale, a un giudizio di quasi certa colpevolezza (Cassazione, sentenza 34505 del 10 settembre 2012)

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