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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2013 alle ore 06:44.

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Il nuovo reato di «induzione a dare o promettere utilità» – previsto dalla legge anticorruzione – scatta anche se non è stato consegnato nulla all'agente pubblico. Lo ha evidenziato l'ufficio del massimario della Cassazione nella relazione 19 del 3 maggio scorso. Questa interpretazione, dato che il delitto in questione rappresenta uno dei nuovi reati-fonte per la responsabilità amministrativa delle società, può avere riflessi anche sulla predisposizione e l'aggiornamento dei modelli organizzativi societari in base al decreto legislativo 231/2001.
La legge 190 del 2012 ha modificato vari articoli del Codice penale contenuti nel titolo dedicato ai «Delitti contro la pubblica amministrazione». Si tratta, tra l'altro, dei delitti di corruzione, peculato e concussione.
In particolare, la fattispecie di concussione prevista in precedenza dall'articolo 317 del Codice penale sanzionava la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, il quale, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringeva o induceva taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità.
Ora, la legge anticorruzione ha eliminato la concussione per induzione, mantenendo solo quella per costrizione. L'attuale articolo 317 del Codice penale, quindi, punisce, con una pena maggiore nel minimo di quella precedente (passa da 4 a 6 anni), il pubblico ufficiale, e non più anche l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità.
La condotta di induzione, però, non è stata del tutto eliminata. Infatti il nuovo articolo 319-quater («Induzione indebita a dare o promettere utilità») sanziona, con la pena della reclusione da tre a otto anni, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della loro qualità o dei loro poteri, inducono taluno a dare o promettere indebitamente, a loro stessi o a un altro, denaro o altra utilità. Peraltro, questa norma non punisce solo il soggetto che "induce" ma anche il soggetto "indotto", ovvero chi dà o promette il denaro o altra utilità. Quest'ultimo potrà incorrere nella pena della reclusione fino a tre anni.
Con la relazione 19 del 2013, l'ufficio del massimario, della Cassazione ha approfondito, tra l'altro, il tema del momento in cui questo delitto viene consumato. Esso è stato individuato nell'accoglimento da parte del terzo della richiesta del pubblico agente, anche con la sola promessa da parte dell'indotto. A nulla rileva la circostanza che, subito dopo la promessa, il privato si sia rivolto alla polizia perché la consegna dell'utilità avvenga sotto il controllo di essa o che la promessa sia stata fatta con la riserva mentale, fin dall'inizio, di non volere poi effettuare la dazione.
Dato che questa fattispecie rappresenta anche un nuovo reato-fonte per la responsabilità amministrativa degli enti appare opportuno – soprattutto per le società che intrattengono rapporti quotidiani e costanti con la pubblica amministrazione – aggiornare i modelli organizzativi, per monitorare tutti i processi aziendali in cui sia prevedibile, anche astrattamente, una simile condotta. Ciò al fine di prevedere un sistema idoneo a prevenire la commissione dell'illecito ed evitare così le gravi sanzioni che scatterebbero per l'impresa se i manager dovessero commettere il nuovo delitto.
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