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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2013 alle ore 10:47.

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Il prossimo 30 giugno per le imprese individuali (già attive e non soggette a procedure concorsuali alla data del 20 ottobre 2012) scade il termine per comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (Pec) al registro imprese. Per le imprese individuali neo-iscritte, l'indicazione dell'indirizzo di Pec va invece operata all'atto della presentazione della domanda di iscrizione, pena la sospensione della relativa domanda sino alla sua integrazione e sua decadenza decorsi inutilmente 45 giorni dal deposito. La misura è dettata dall'articolo 5 del decreto legge 179/2012.

Il divieto

Con l'approssimarsi del termine per l'adeguamento del prossimo 30 giugno per le imprese individuali già costituite al 20 ottobre 2012, il ministero dello Sviluppo economico, con nota n. 53687 del 2 aprile 2013, ha fornito una serie di indicazioni operative che sembrano divergere rispetto a quanto indicato in precedenza per le imprese costituite in forma societaria. In particolare, non è possibile per le imprese individuali domiciliarsi presso soggetti terzi e, nella specie, non potrà, ad esempio, essere comunicato l'indirizzo Pec messo a disposizione dallo studio professionale che le assiste negli adempimenti.

Il documento di prassi sottolinea infatti come l'obbligo di comunicazione è collegato all'attivazione dell'indirizzario generale Ini-Pec che regola le modalità dei rapporti tra impresa ed amministrazione. Gli analoghi chiarimenti forniti per le imprese costituite in forma societaria con la circolare n. 3645/C del 3 novembre 2011 riconoscevano invece la possibilità di indicare l'indirizzo di posta elettronica di uno studio professionale che assiste l'impresa negli adempimenti burocratici oppure di un'altra società cui l'impresa è giuridicamente o economicamente collegata.

Le diverse interpretazioni fornite hanno generato confusione anche in seno allo stesso sistema camerale, con alcune Camere di commercio che riconoscono la possibilità di comunicare la casella di posta di un soggetto terzo e con altre che invece si allineano, almeno per le imprese individuali, alle indicazioni ministeriali. Di conseguenza, sarebbe opportuno un ulteriore intervento delle autorità competenti con cui venga chiarito se il divieto di comunicare l'indirizzo Pec di un soggetto terzo valga solamente per le imprese individuali, ovvero se non sia più opportuno permettere anche a tali imprese di domiciliarsi presso un terzo, analogamente a quanto riconosciuto alle imprese in forma societaria.
Altra ipotesi, che appare difficilmente percorribile per i rilevanti impatti operativi che comporterebbe, sarebbe invece quella secondo cui anche le imprese in forma societaria dovrebbero comunicare, in vista dell'attuazione dell'Ini-Pec, il proprio domicilio digitale senza potersi avvalere della casella di Pec di terzi.

La richiesta dell'Int
Sulla questione è intervenuto anche l'Int, l'Istituto nazionale tributaristi. «Mi pare – ha spiegato il presidente Riccardo Alemanno – che il divieto di usare un indirizzo Pec già utilizzato anche da altri soggetti sia stato deciso da chi non conosce appieno le problematiche della realtà. È assolutamente necessaria una rettifica di tale divieto che non è previsto dalla legge ma solo da interpretazioni». Secondo l'Int, infatti, molti imprenditori individuali non sono dotati di computer o non sono in grado di utilizzarlo al meglio. «Molti studi – spiega il presidente – hanno dato il proprio indirizzo Pec alle ditte individuali meno strutturare, altri hanno aperto un unico indirizzo Pec per le imprese che non erano in grado di farlo, alcuni imprenditori utilizzano la Pec di altre aziende di proprietà o di familiari e così via».

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