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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2013 alle ore 06:47.

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Il cartello "parcheggio incustodito" esposto all'ingresso dell'area di sosta a pagamento, istituita con delibera comunale, libera il gestore da ogni responsabilità per il furto del mezzo. La sola predisposizione del servizio, difatti, non comporta di per sé l'assunzione dell'obbligo di custodire i veicoli parcheggiati. Lo puntualizza la Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n. 14067/13.
Ad aprire la questione è la richiesta di risarcimento danni, formulata da un utente nei confronti dell'azienda incaricata di amministrare, per conto del Comune, il parcheggio multipiano in cui aveva lasciato in sosta la sua macchina, poi rubatagli. Secondo il conducente la società è tenuta a rispondere dell'accaduto, a titolo di omessa custodia della vettura. In primo grado il Tribunale aveva bocciato la domanda: oggetto del contratto era solo il godimento dello spazio di sosta e non anche la custodia del bene. Diversa, però, è stata la soluzione adottata in appello. Nel caso di specie, avevano rilevato i giudici, è ravvisabile un "contratto atipico di parcheggio", disciplinato dalle norme sul deposito. Il gestore dell'area, dunque, era obbligato ad assicurare sia la «messa a disposizione di uno spazio per il parcheggio» che la custodia del veicolo «risultando irrilevanti eventuali condizioni generali di contratto dell'impresa che gestisce il parcheggio, che escludono un obbligo di custodia». Del resto, aveva concluso la Corte, le modalità - rapidissime - con cui si conclude il contratto consentono di ritenere l'utente ignaro dei particolari sottesi al rapporto negoziale. Non solo. Il parcheggio - chiamato di "corrispondenza" poiché sito nelle vicinanze della metropolitana milanese - non era espressamente segnalato come incustodito.
Prevedibile il ricorso della società: l'area va ricondotta in quella tipologia di parcheggio che gli enti comunali - ex articolo 15 della legge 122/89 - sono chiamati a predisporre per esigenze di decongestionamento del traffico cittadino. Si tratterebbe, perciò, di strutture attrezzate - mediante il modello multipiano del silos e il "sistema a sbarra" - per il solo controllo della durata della permanenza, e non per la custodia dei mezzi.
Concorda la Cassazione, che ha accolto il ricorso della società. L'istituzione da parte dei Comuni di aree di sosta a pagamento - spiega, richiamando il precedente a Sezioni Unite n. 14319/11 - non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli parcheggiati «se l'avviso "parcheggio incustodito" è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto». Informativa, che consente di inquadrare l'accordo tra l'utente che immette il veicolo nell'area di interscambio e il gestore, come negozio atipico di parcheggio incustodito, e non come deposito con obbligo di custodia, a nulla valendo - per via dell'interesse pubblico al servizio - l'eventuale buona fede del fruitore. Va esclusa, per queste ragioni, la responsabilità della concessionaria comunale, per il furto del veicolo avvenuto nell'area di sosta gestita.
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