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Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2013 alle ore 08:37.

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Mediazione per le liti in condominio - L'iter

La mediazione torna in condominio e la procedura speciale, di fatto mai entrata in vigore, adesso è utilizzabile. Nelle votazioni finali della legge 220/2012, infatti, Camera e Senato scelsero di non toccare il testo già votato per evitare che la fine della legislatura mandasse a monte la legge. Così, nonostante pochi giorni prima la Corte costituzionale avesse già cancellato la mediazione obbligatoria, venne lasciato stare il nuovo articolo 71 quater delle disposizioni di attuazione del Codice civile, che regolavano la questione a livello condominiale.

Ora il decreto legge «del fare» (69/2013, la cui legge di conversione è in corso di pubblicazione) ha reintrodotto la mediazione obbligatoria come condizione di procedibilità anche nelle cause condominiali, come quelle sulle parti comuni, sulle morosità dei condòmini, sul regolamento contrattuale, escludendo invece quelle di vicinato che riguardino solo i rapporti privati.
Si può osservare che le due norme si sovrappongono unicamente per la disciplina sulla competenza per territorio, per la quale indicano identica soluzione, imponendo di presentare l'istanza presso un organismo abilitato e nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. A norma dell'articolo 23 del Codice di procedura civile, la competenza risulta fissata laddove si trova il condominio.

Per il resto, l'articolo 71 quater incide su argomenti specifici dell'ambito condominiale e non trattati dalle legge generale sulla mediazione nelle controversie civili.
La riforma del condominio si è preoccupata di limitare i poteri di rappresentanza dell'amministratore e di consentire costante intervento dell'assemblea e ha chiarito che:
- per controversie in materia di condominio si intendono quelle derivanti da violazione o errata applicazione degli articoli da 1117 a 1139 del Codice civile o da 61 a 72 delle disposizioni per l'attuazione;
- l'amministratore è legittimato a partecipare al procedimento, ma solo previa autorizzazione di apposita delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del Codice;
- se il termine per comparire avanti al mediatore non consente all'assemblea di pronunciarsi deve essere disposta congrua proroga, su istanza del condominio;
- anche la proposta di mediazione deve essere approvata dall'assemblea con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del Codice. Se non si raggiunge questa maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata. Per garantire il concreto funzionamento dell'assemblea è richiesto al mediatore di fissare il termine per l'esame della proposta conciliatoria, tenendo conto della necessità per l'amministratore di munirsi della delibera assembleare.

Nessuno degli elementi appena citati contrasta formalmente con la nuova mediazione obbligatoria. La legge di conversione del Dl 69/2013 impone l'assistenza dell'avvocato in tutte le fasi del procedimento e introduce un regime di gratuità per il caso di mancato accordo (novità introdotta durante l'iter parlamentare e che dovrebbe riguardare i soli compensi all'istituto di mediazione ma non il rimborso delle spese) e per chi è ammesso al gratuito patrocinio. Negli altri casi varranno i compensi minimi e massimi determinati da decreto governativo.
Tuttavia, qualche preoccupazione permane. Anzitutto, dato che le nuove regole prevedono un primo incontro esplorativo e almeno un altro incontro, in ambito condominiale si rischia che il numero minimo di incontri arrivi a tre, laddove si debba consentire all'assemblea di pronunciarsi. In concreto, si rischia di determinare un indesiderabile incremento di costi.
Occorrerà quindi che tutti, in primo luogo gli organismi di mediazione, si preoccupino di dotarsi di schemi di funzionamento idonei a scongiurare il pericolo.

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