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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2013 alle ore 06:48.

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Alle prestazioni accessorie deve essere riservato lo stesso trattamento Iva dell'operazione principale. Pertanto le spese sostenute per la distribuzione di prodotti relativi a un contratto internazionale non possono essere riqualificate dall'amministrazione finanziaria come pubblicitarie ed escluse dal tributo. È corretto, quindi, il comportamento del contribuente che attraverso il suo rappresentante fiscale ha portato l'imposta in detrazione. A stabilirlo è la sentenza 34/1/2013 della Ctr Liguria.
La vicenda scaturisce dall'avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2004, emesso nei confronti di una società inglese che svolge in Italia il commercio all'ingrosso di profumi e cosmetici avvalendosi di aziende italiane che, da contratto, le addebitano parte dei costi sostenuti.
A parere del Fisco alcune fatture, due per la precisione, emesse nei confronti della società estera andavano ricondotte a servizi pubblicitari e quindi escluse dal campo applicativo dell'Iva. Di conseguenza l'agenzia delle Entrate ha provveduto a recuperare in capo alla ditta inglese, che aveva nominato in Italia un rappresentante fiscale, l'imposta indebitamente portata in detrazione.
La contribuente ha fatto ricorso in Ctp che ha riconosciuto le sue ragioni e ha condannato l'ufficio anche al pagamento delle spese di giudizio.
L'amministrazione finanziaria ha presentato appello ma la Ctr Liguria lo respinge. Ad avviso del collegio, il Fisco – richiamando anche l'orientamento della Corte di giustizia europea – poggia le sue pretese sulla considerazione che i costi promozionali sono affini a quelli pubblicitari. Nel caso in esame, si tratta di un contratto di distribuzione internazionale che contempla molteplici impegni. L'accordo, tra l'altro, prevede che «il distributore compirà ogni migliore sforzo per vendere attivamente ed efficacemente i prodotti e sviluppare pienamente il potenziale di vendita». Inoltre «entro la fine di settembre di ciascun anno le parti si incontreranno per discutere e concordare un piano e una previsione di spesa di pubblicità e promozione per l'anno fiscale successivo». Di conseguenza, le prestazioni promozionali per essere effettuate devono preventivamente essere concordate con il committente. Per cui il distributore non gode di nessuna autonomia nel definirle e nel porle in essere.
Dall'esame delle fatture – sottolinea inoltre la sentenza 34/1/2013 della Ctr Liguria – le voci prestampate sul modello «advertising» (pubblicità) e «merchandising» (valorizzazione e promozione dei prodotti) non riportavano alcuna cifra. Inoltre il rendiconto contrattualmente previsto non conteneva la voce spese pubblicitarie. La Commissione tributaria regionale ha ritenuto che alla pluralità dei servizi resi dalla società distributrice per ottemperare a quanto previsto contrattualmente fosse applicabile il principio di accessorietà (articolo 12 del Dpr 633/1972). Pertanto, va escluso che per le prestazioni accessorie valga un trattamento Iva diverso rispetto a quello dell'operazione principale.
Tuttavia, a parziale modifica della sentenza della Ctp, il collegio ritiene che le spese del primo e del secondo grado debbano essere compensate vista la particolarità della situazione esaminata.
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In sintesi
01 | IL CASO
L'amministrazione finanziaria ha contestato l'indebita detrazione Iva in relazione ad alcune fatture emesse nei confronti di una società estera per spese che sono state ritenute di pubblicità e quindi sarebbero state escluse dal campo applicativo Iva
02 | LA DECISIONE
La Ctp ha dato ragione al contribuente. Sulla stessa linea la Ctr che ha respinto l'appello del Fisco e ha ritenuto che le spese sostenute fossero accessorie al contratto di distribuzione e non potessero essere riqualificate come pubblicitarie

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