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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2013 alle ore 18:15.
La sola dicitura "omesso o carente versamento" contenuta in una cartella di pagamento non costituisce adeguata motivazione della pretesa fiscale e ne comporta la sua nullità. Se invece sussistono altri elementi a sostegno di tale motivazione, non valutati dal giudice di secondo grado, il mezzo per impugnare la sentenza non è il ricorso in Cassazione, ma la sua revocazione per errore di fatto.
A questa conclusione è giunta la sesta sezione civile della Cassazione con l'ordinanza n. 20211 depositata il 3 settembre.
L'agenzia delle Entrate ha impugnato in Cassazione una sentenza della Ctr che aveva accolto l'appello della contribuente avverso la sentenza di primo grado dichiarando la nullità di una cartella esattoriale relativa ai redditi Irpef 2001.
La Cassazione ha rigettato il ricorso dell'amministrazione finanziaria perchè ha ritenuto che la sentenza di merito conteneva l'accertamento in fatto relativo alla carenza di qualunque motivazione o spiegazione della cartella esattoriale, accertamento che (per la Cassazione) - se mai - doveva essere contestato con il mezzo revocatorio. E infatti, l'indicazione di un "omesso o carente versamento" non costituisce adeguata motivazione di una pretesa fiscale. L'affermazione del giudice di merito, secondo il quale la cartella non contiene ulteriori dati idonei a sorreggere le ragioni dell'amministrazione, poteva per i Supremi Giudici – caso mai – essere contestata con il mezzo revocatorio (sempre che questi ulteriori dati fossero stati presenti in cartella). Tale pronuncia appare particolarmente interessante se si pensa a tutti i casi in cui la cartella ex articolo 36–bis del Dpr 600/73 non sia stata preceduta dalla notifica di un invito bonario, e se si considera che la stessa Cassazione (sentenza n. 4516/12) ha ritenuto nulla la cartella che indichi solo la cifra globale degli interessi dovuti in caso di più annualità, senza spiegare come si era arrivati a tale calcolo.
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