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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2013 alle ore 06:48.
MILANO
Contro lo stalking protezione ampia. Non solo limitata a un elenco di luoghi circoscritti e identificati da un provvedimento dell'autorità giudiziaria. A fare da bussola deve essere il caso concreto e le esigenze della vittima delle violenze. Lo puntualizza la Corte di cassazione con la sentenza n. 36887 della quinta sezione penale depositata ieri, che ha respinto il ricorso presentato dalla difesa di un uomo che, con provvedimento della Corte di appello di Lecce, si era visto obbligato ad allontanarsi oltre che dalla casa della ex moglie e dalla scuola delle figlie, anche dai luoghi vicini, in cui poteva incontrare casualmente le donne. La difesa aveva sostenuto, tra l'altro, aderendo a un orientamento giurisprudenziale precedente, che l'uomo in questo modo vedeva compressa in maniera eccessiva la propria libertà personale; le limitazioni sarebbero poi state estranee comunque alla (asserita) volontà persecutoria e di fatto sarebbero state dipendenti unicamente dalla volontà della persona offesa.
La Cassazione però sottolinea come le esigenze di protezione della vittima hanno visto nel tempo un'evoluzione passando dalla modifica del Codice di procedura penale datata 2001, quando venne introdotto l'articolo 282 bis, che prescrive all'indagato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, con particolare riferimento al luogo di lavoro e al domicilio della famiglia di origine o dei congiunti, all'attuale articolo 283 ter inserito nel 2009. Quest'ultima disposizione disciplina un divieto di avvicinamento non più, o non solo, ai luoghi frequentati abitualmente dalla persona offesa ma alla vittima stessa delle molestie.
In altri termini, la nuova norma mette ancora di più al centro la libertà della persona offesa di potere svolgere la propria vita sociale senza timore di essere sottoposta a quelle aggressioni di varia forza e natura che caratterizzano il reato di stalking. Del resto, sottolinea la pronuncia, l'insistenza persecutoria che caratterizza il delitto non è quasi mai legata a un particolare ambito locale.
Allargando poi lo sguardo, la sentenza si preoccupa di confutare anche la tesi della difesa incentrata sulla compatibilità della misura con la direttiva Ue n. 2001 del 2011 sull'«ordine di protezione europeo». Nella direttiva è vero che ci sono disposizioni che richiamano la "vecchia" versione del Codice con il divieto di frequentare determinate località o luoghi, ma soprattutto pesa la previsione di un divieto di avvicinamento alla persona offesa senza un'indicazione precisa dei luoghi interessati: a dovere essere definito è solo il perimetro all'interno del quale scatta la protezione.
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