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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2013 alle ore 06:48.

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L'accollo del mutuo non rende elusivo l'aumento di capitale con il conferimento di immobili. Tanto più che il finanziamento era stato contratto ancora prima dell'acquisto da parte del socio conferente. A precisarlo è la sentenza 97/66/2013 della Ctr Lombardia, sezione di Brescia.
La vicenda scaturisce dal ricorso presentato dal socio di una società di capitali contro l'avviso di rettifica e liquidazione emesso dall'agenzia delle Entrate per l'imposta di registro. Il contribuente, persona fisica, ha inizialmente acquistato in proprio degli immobili il cui pagamento (6 milioni di euro) per la quasi totalità (5,6 milioni) è stato effettuato mediante l'accollo del mutuo gravante sugli stessi e acceso in precedenza dal venditore. Le relative imposte ipotecarie, catastali e di registro dovute sono state determinate, ai sensi dell'articolo 1, comma 497, della legge 266/2005 (Finanziaria 2006) e dell'articolo 52 del Dpr 131/1986 (Testo unico dell'imposta di registro), sulla base del valore catastale rivalutato dei fabbricati, indipendentemente quindi dal prezzo pagato per l'acquisto.
Poi a tre mesi di distanza dal l'atto di compravendita è stato deliberato un aumento di capitale sociale della società partecipata quasi integralmente dal contribuente. L'incremento patrimoniale è stato realizzato attraverso il conferimento degli immobili acquistati in precedenza dal socio con l'accollo del mutuo da parte della società, ai sensi del l'articolo 1273 del Codice civile. Così facendo l'imposta di registro è stata determinata (articolo 50 del Dpr 131/1986) sul valore netto dei beni conferiti, ossia sulla differenza tra il valore dell'immobile (6 milioni di euro) e il relativo mutuo (5,6 milioni). In applicazione dell'articolo 20 del Dpr 131/1986, il Fisco ha ritenuto elusiva la concatenazione delle operazioni perché finalizzate a ridurre la base imponibile del registro e ottenere un indebito vantaggio fiscale.
Il collegio di primo grado ha riconosciuto le ragioni del contribuente. Così l'amministrazione finanziaria ha presentato appello ma la Ctr Lombardia ha confermato la precedente decisione e ha condannato il Fisco anche al pagamento delle spese processuali. Il socio, osserva la Commissione, ha acquistato privatamente gli immobili che erano già gravati dal mutuo. Quest'ultimo, quindi, non si può ritenere artificiosamente acceso per scopi elusivi.
Anche l'aumento del capitale sociale, prosegue la sentenza, è lecito e rispettoso sia dell'articolo 1273 del Codice civile che del l'articolo 50 del Dpr 131/1986. D'altronde qualora l'operazione fosse avvenuta direttamente tra il venditore originario e la società sarebbero stati ottenuti i medesimi risultati di quelli contestati.
Il Fisco non può «tacciare di elusione qualsiasi operazione che comporti vantaggi fiscali, in quanto il legislatore stesso ha dato vita a un ordinamento, nel rispetto del quale è possibile conseguire risparmi tributari evitando inutili e nocive dissipazioni pecuniarie». La Ctr Lombardia ha giudicato inapplicabile sia l'articolo 20 del Dpr 131/1986 che l'articolo 37-bis del Dpr 600/1973: quest'ultimo valido per tipologie di imposte diverse da quella in esame.
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In sintesi
01|IL CASO
Il Fisco ha contestato l'elusività di un aumento di capitale realizzato con il conferimento di un immobile e il successivo accollo del mutuo che era stato contratto prima dell'acquisto da parte del socio
02|LA DECISIONE
La Ctr ha confermato la decisione di primo grado e ha escluso l'elusività. L'immobile conferito era già gravato dal finanziamento prima del precedente acquisto e quindi non è stato acceso per pagare una minore imposta di registro

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