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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2013 alle ore 14:15.
L'ultima modifica è del 15 ottobre 2013 alle ore 15:06.
Gli alberghi pagano la Tarsu come le civili abitazioni. A stabilirlo è la Ctp di Lecce, con la sentenza n.329 dell'8 ottobre 2013.
I giudici salentini hanno affrontato la questione sollevata da un contribuente avverso la cartella esattoriale, emessa da Equitalia Spa, con cui il Comune richiedeva il versamento della tassa sui rifiuti solidi urbani per un'attività di campeggio.
Nel caso specifico il contribuente lamentava, fra le tante cose, la violazione dell'articolo 68 del Dlgs 507/1993 (decreto abrogato dal 2010) in base al quale il Comune avrebbe dovuto applicare anche per i campeggi la medesima tariffa prevista per le civili abitazioni, con conseguente illegittimità del regolamento comunale e della relativa delibera. Il comma 2 dell'articolo in parola, ha infatti ricompreso in un'unica categoria i locali ed aree a uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri.
Secondo il giudice leccese la capacità produttiva di rifiuti di un esercizio alberghiero è la medesima di quella di una civile abitazione, essendo ragionevole che un nucleo familiare in vacanza produca uguali (se non minori) quantità di rifiuti rispetto a quelli ordinariamente prodotti nella propria abitazione. Nel caso di specie la struttura ricettiva (campeggio) è ritenuta dalla commissione tributaria ugualmente equiparabile a una civile abitazione, infatti, "in un campeggio, il luogo di produzione di rifiuti non è la piazzola in se considerata bensì il mezzo mobile di soggiorno che ogni ospite porta con se assimilabile in tutto e per tutto ad una stanza di albergo".
Sulla scorta di alcune pronunce di merito (Ctp Lecce nn. 612-614/2008, 629/2010, 294-295/2011, 536/2011, Ctr Puglia – sez. staccata Lecce nn. 71-73/2012), il giudice di prime cure ha ritenuto legittima la tassazione delle aree non destinate ad uso abitativo – quali quelle di ristorazione – disponendo al contempo la riliquidazione della Tarsu per quelle destinate alle unità abitative.
Si tratta di una pronuncia che – pur confermando un filone consolidato nel merito – va in senso opposto all'orientamento assunto sul tema dalla Cassazione. I giudici di piazza Cavour (sentenze nn. 8278/2008, 302/2010, 12859/2012) hanno infatti considerato legittimo la fissazione, da parte dei Comuni, di tariffe più alte per le attività alberghiere.
Su altro fronte, tuttavia, il Tar di Puglia, nella sentenza n.570 del 13 marzo 2013, ha ritenuto che gli ermellini nell'ultima sentenza citata (n. 12859/2012) non avessero opportunamente distinto fra strutture ricettive con servizi di ristorazione e strutture ricettive prive di tali servizi.
Secondo il giudice amministrativo regionale pugliese infatti, solo per i primi sarebbe giustificata una tariffa maggiore rispetto a quella applicata per le civili abitazioni.
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