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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2013 alle ore 06:45.

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Le operazioni di stock lending, per le quali un soggetto prestatore (lender) consegna dei titoli a un altro soggetto (borrower) che si impegna a restituire alla scadenza pagando una commissione a fronte del prestito ricevuto, non possono essere ritenute elusive o censurabili in applicazione del divieto di abuso del diritto laddove siano sorrette da valide ragioni economiche che l'ufficio non riesca a sconfessare. Peraltro le contestazioni di tale natura vanno motivate dall'amministrazione finanziaria, non essendo sufficiente fare un generico rinvio a norme antielusive come l'articolo 37-bis del Dpr 600/1973 o al divieto di abuso del diritto. Questi i principi di diritto affermati dalla sentenza 102/24/2013 della Ctr Lombardia (presidente Ceccherini, relatore Crisafulli).
La vicenda riguarda un accertamento, fondato anche su indagini finanziarie, emanato nei confronti di una società italiana. Il controllo era focalizzato sui contratti di compravendita a termine di titoli azionari stipulati da quest'ultima con una società della Repubblica ceca. I contratti avevano sempre ad oggetto azioni di società portoghesi (Madeira). La società italiana, in qualità di borrower, ha pagato una commissione (stock lending fee) per i vantaggi economici derivanti dal possesso temporaneo dei titoli (che danno diritto alla percezione di dividendi comunitari non tassati). Il Fisco ha ritenuto tali commissioni non deducibili dal reddito in quanto l'operazione sarebbe stata animata dalla sola volontà di ottenere vantaggi di imposta indebiti.
A fronte del ricorso del contribuente la Ctp Milano ha annullato l'atto di accertamento. La Ctr Lombardia conferma la decisione di primo grado. Secondo i giudici d'appello, «i diversi risultati conseguiti nel tempo dai soggetti interessati, a conferma del l'aleatorità, la correttezza delle rilevazioni contabili … fanno escludere la sussistenza di dolo». Inoltre il collegio esclude che per la deducibilità degli oneri in questione possa rivestire rilievo l'eventuale estraneità al l'oggetto sociale dell'impresa di tali operazioni finanziarie. Quanto alle valide ragioni economiche, il contribuente ha dimostrato l'esistenza di un'«operazione di natura speculativa suscettibile di produrre guadagni a fronte di un rischio … sempre contenuto, anche in considerazione dell'elevato livello di solidità del gruppo bancario cui le società … fanno parte».
Infine la Ctr stigmatizza la genericità e la scarsa significanza del riferimento al divieto di abuso del diritto. In sostanza l'effettività delle operazioni e soprattutto la sussistenza di un vantaggio economico, connesso alla dimostrazione della matrice speculativa dell'investimento, escludono la possibilità di elevare contestazioni in tema di stock lending. Del resto la giurisprudenza di legittimità ha costruito l'abuso del diritto sui pilastri dell'articolo 37-bis del Dpr 600/1973 e quindi per poterlo invocare, oltre al vantaggio tributario indebito ed all'aggiramento di norme, il Fisco deve provare proprio l'assenza di valide ragioni economiche.
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