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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2014 alle ore 09:19.

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Il fallimento del debitore tra la data di chiusura dell'esercizio e l'approvazione del bilancio consente al creditore di dedurre la perdita – senza dover dimostrare l'esistenza degli elementi certi e precisi – nel periodo d'imposta in cui è intervenuta la sentenza dichiarativa del default. A tale conclusione è possibile pervenire – pur in assenza di chiarimenti dell'agenzia delle Entrate - applicando il principio di competenza stabilito dalla normativa civilistica e fiscale, nonostante il contrario avviso della giurisprudenza di legittimità.
La circolare 26/E/2013 ha evidenziato che, in caso di procedure concorsuali, i requisiti di deducibilità si considerano integrati «dalla data» della sentenza o del provvedimento di ammissione alla specifica procedura o del decreto di omologa dell'accordo di ristrutturazione. Una volta aperta la procedura, «l'individuazione dell'anno in cui dedurre la perdita su crediti deve avvenire secondo le ordinarie regole di competenza» e la perdita deducibile corrisponde a quella stimata dal redattore di bilancio. La valutazione dell'entità della perdita deve, però, rispondere a un «razionale e documentato processo di valutazione conforme ai criteri dettati dai principi contabili adottati», basato sui documenti di natura contabile e finanziaria redatti o omologati da un organo della procedura.
La sentenza 2892/2002 della Cassazione aveva rimarcato che l'articolo 14, comma 4, del Dpr 600/1973 imporrebbe, in via generale, di tenere conto nella determinazione del reddito d'impresa anche dei fatti intervenuti dopo la chiusura dell'esercizio, fino alla presentazione della dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo. Questa norma stabilisce che, se il bilancio è soggetto per legge o per statuto all'approvazione dell'assemblea, è possibile effettuare nelle scritture contabili gli aggiornamenti conseguenziali all'approvazione stessa fino al termine stabilito per la presentazione della dichiarazione. Al riguardo, la Corte ha ritenuto che il principio di competenza (articolo 109 del Tuir) si arresti «soltanto di fronte a quei ricavi e a quei costi che non fossero ancora noti all'atto della determinazione del reddito e, cioè, al momento della redazione e presentazione della dichiarazione».
Questa impostazione interpretativa non appare condivisibile perché confonde il momento in cui si verifica l'evento con quello in cui l'impresa ne viene a conoscenza. La finalità dell'articolo 14, comma 4, del Dpr 600/1973 è, infatti, di consentire l'annotazione delle rettifiche rese necessarie dall'approvazione del bilancio anche dopo la chiusura del l'esercizio, derogando alla disposizione di carattere generale dettata dall'articolo 22 del Dpr 600/1973, che imporrebbe altrimenti di effettuare le registrazioni non oltre sessanta giorni.
Tale disposizione non può, invece, influire sui criteri sostanziali da adottare per l'imputazione temporale dei componenti positivi e negativi, consentendo solo di annotare in contabilità i fatti conosciuti dopo la chiusura del l'esercizio ma verificatisi anteriormente alla stessa. Pertanto, per dedurre la perdita su crediti senza dover dimostrare l'esistenza degli elementi certi e precisi, la sentenza dichiarativa di fallimento deve intervenire prima della chiusura dell'esercizio.
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