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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2014 alle ore 17:09.
L'ultima modifica è del 20 febbraio 2014 alle ore 17:24.

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La Commissione Ue ha deciso oggi a Bruxelles, di deferire l'Italia alla Corte europea di giustizia per il mancato rispetto della normativa comunitaria sull'orario di lavoro dei medici del servizio sanitario nazionale.


Attualmente, questi medici (tranne gli specializzandi) non hanno diritto a un limite orario settimanale e a periodi minimi di riposo giornaliero, mentre la direttiva prevede che, per motivi di salute e sicurezza, si lavori in media un massimo di 48 ore alla settimana, compresi gli straordinari, anche se con una certa flessibilità che consente di posporre i periodi minimi di riposo per motivi giustificati, ma soltanto a condizione che il lavoratore possa recuperare subito dopo le ore di riposo di cui non ha fruito. I lavoratori hanno inoltre diritto a fruire di un minimo di 11 ore ininterrotte di riposo al giorno e di un ulteriore riposo settimanale ininterrotto di 24 ore.

Secondo l'attuale normativa italiana i medici sono dirigenti, anche senza necessariamente godere delle prerogative o dell'autonomia dirigenziali durante il loro orario di lavoro e per questo la legge li ha esonerati dall'applicazione della direttiva.

Dopo aver ricevuto diverse denunce, la Commissione ha inviato nel maggio 2013 all'Italia un "parere motivato" in cui le chiedeva di adottare le misure necessarie per assicurare che la legislazione nazionale ottemperasse alla direttiva. Ma, evidentemente, questo non è bastato, e Bruxelles ha deciso di passare alla fase successiva della procedura d'infrazione, ricorrendo alla Corte di Giustizia.

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