Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2014 alle ore 08:35.
L'ultima modifica è del 24 marzo 2014 alle ore 15:05.

My24

Se il giudice in corso di causa ordina la mediazione, il procedimento dovrà svolgersi con la presenza personale delle parti e non potrà esaurirsi con la semplice informativa, ma dovrà tentarsi effettivamente la mediazione.

Lo stabilisce un'importante e innovativa ordinanza del tribunale di Firenze del 19 marzo 2014 che attraverso un'articolata e puntuale motivazione perviene ad un'interpretazione destinata a aprire un più approfondito dibattito sulle norme introdotte con la riforma del 2013.

Il giudice fiorentino, dopo aver rilevato che nel caso di specie il ricorso alla mediazione appare particolarmente adeguato in quanto il rapporto controverso – iniziato nel 2000 - ha natura condominiale e che inoltre tra le parti possono essere intercorsi difetti di comunicazione e che le stesse hanno avviato già delle trattative che tuttavia non sono sinora giunte ad un risultato positivo, ritiene di ordinare la mediazione chiarendo che la nuova disciplina - entrata in vigore il 21 settembre 2013 – è applicabile anche a giudizi in corso trattandosi di norma processuale.

Il tribunale tuttavia rileva come la normativa vigente, nella versione derivante dalla recente novella legislativa, contenga delle ambiguità (il riferimento è specificamente alla lettura combinata dell'art. 5, comma 2-bis, e all'art. 8, comma 1, Dlgs 28/2010) che devono essere superate mediante un percorso interpretativo teleologico, al fine di evitare che la stessa possa consentire di ritenere che alla mediazione disposta dal giudice possano partecipare i soli avvocati delle parti, limitandosi a prendere atto della informativa del mediatore, conclusione che appare al giudicante "irrazionale e inaccettabile".

Ebbene, l'ampia ordinanza espone in sei punti le motivazioni che conducono alla lettura ermeneutica in questione. In primo luogo, gli avvocati, definiti mediatori di diritto dalla stessa legge, hanno sicuramente già conoscenza della natura della mediazione e delle sue finalità: «non avrebbe dunque senso imporre l'incontro tra i soli difensori e il mediatore solo in vista di un'informativa».

In secondo luogo, la natura della mediazione esige che siano presenti di persona anche le parti: «l'assenza delle parti, rappresentate dai soli difensori, dà vita ad altro sistema di soluzione dei conflitti, che può avere la sua utilità, ma non può considerarsi mediazione».

Inoltre, ritenere esperita la condizione di procedibilità dopo un primo incontro nel quale il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, «vuol dire in realtà ridurre a un'inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori» rendendo la mediazione delegata un mero «adempimento burocratico» destinato a dilazionare ingiustificatamente il processo.

Ed ancora, l'informazione sulle finalità della mediazione e le modalità di svolgimento ben possono in realtà essere rapidamente assicurate in altro modo (in particolare dall'informativa obbligatoria posta a carico degli avvocati).

In relazione poi alla mediazione disposta dal giudice, una diversa soluzione appare particolarmente irrazionale in quanto ordinare la mediazione lascia presuppone che il giudice abbia già svolto la valutazione di mediabilità del conflitto.

Infine, l'art. 5 della direttiva 2008/52/CE distingue le ipotesi in cui il giudice invia le parti in mediazione rispetto all'invio per una semplice sessione informativa.

Un'ordinanza, quella del tribunale di Firenze, che nasce nell'alveo del "Progetto Nausicaa2" (per la mediazione demandata dal giudice), e che apre un fronte interpretativo destinato a dare nuovo impulso alla mediazione.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi