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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2014 alle ore 18:30.
L'ultima modifica è del 22 maggio 2014 alle ore 19:18.

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Ferrara (Corbis)Ferrara (Corbis)

Il rompicapo di regole, aliquote, detrazioni e variabili locali complica la vita anche di chi propone "studi" sugli effetti presunti della nuova tassazione. Lo sanno bene, solo per fare l'ultimo esempio, i Comuni coinvolti nell'ultimo report del servizio politiche fiscali della Uil la Tasi che si sono visti attribuire aumenti e valori lontani dalla realtà. Il motivo? Semplice: proporre una Tasi "media" per città non ha senso.

Ogni Comune ha diversi sistemi di detrazioni, diverse basi imponibili e differenti distribuzioni degli immobili nelle categorie catastali. Se non si tiene conto di queste variabili, le cifre "calcolate" si trasformano in numeri al lotto, privi di aderenza con la realtà dei contribuenti. Anche qui un esempio aiuta a capire: secondo lo studio appena citato, a Ferrara la Tasi media per l'abitazione principale costa 60 euro in più dell'Imu, dato matematicamente impossibile perché il Comune ha introdotto una formula che attribuisce una detrazione fatta apposta per evitare alla Tasi di superare la vecchia Imu.

Il problema per chi si vuole avventurare in calcoli sugli "effetti medi" della Tasi è rappresentato prima di tutto da queste variabili. Ferrara ha previsto gli sconti con la «formula modulare», Bologna ha 23 fasce di detrazioni diverse, Parma le ha collegate all'Isee, Milano vuole riservarle a fasce di reddito basso, Mantova non ha detrazioni, e l'elenco potrebbe continuare. In un panorama così frastagliato, una media è impossibile: più utile, allora, diventa la ricerca di due regole-base in grado di orientare i contribuenti per quel che riguarda l'abitazione principale.

Regola n.1: Alle abitazioni di valore medio basso serve la detrazione

La differenza principale fra l'Imu e la Tasi è l'assenza di detrazioni fisse. L'Imu prevedeva uno sconto di base di 200 euro per tutti, e di 50 euro per ogni figlio convivente fino a 26 anni. Un bilocale di 52mila euro di valore catastale (molto più basso del valore di mercato) non pagava quindi nulla di Imu, mentre con Tasi al 2,5 per mille pagherebbe 132 euro. Con due figli, l'Imu era zero fino a quota 78mila euro di valore catastale, a cui la Tasi al 2,5 per mille chiederebbe 195 euro. Evitare questo effetto tocca agli sconti comunali, che molti sindaci stanno però decidendo di non prevedere.

Regola n.2: Per le case più grandi la Tasi è sempre più leggera dell'Imu

Le detrazioni dell'Imu erano fisse, quindi non cambiavano in base al valore catastale dell'immobile. Ovvio, quindi, che nelle case più grandi o pregiate l'effetto delle detrazioni fosse assai più limitato: in questo caso la Tasi, che ha aliquote più basse dell'Imu, risulta sempre vantaggiosa. Facciamo un esempio: un villino (categoria catastale A/7), con un valore imponibile da 500mila euro, poteva pagare di Imu fino a 2.800 euro (500.000*6/1000=3.000; con la detrazione da 200 euro si arriva a 2.800), mentre con la Tasi può arrivare al massimo a quota 1.650 euro (500.000*3,3/1000). Ecco perché nell'Imu le case di pregio, cioè il 10% del totale, pagavano più del 50% dell'imposta totale, mentre nella Tasi il carico si redistribuisce sulle case medie, che sono la maggioranza.

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