Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2014 alle ore 09:52.
Gli studi di settore sono solo uno strumento di ausilio (non esaustivo né risolutivo) per individuare eventuali aree di aree di evasione. In particolare, essi rappresentano delle "presunzioni semplici" che possono essere comunque superate dal contribuente che, in fase di contraddittorio, può portare a conoscenza dell'ufficio la propria situazione effettiva. È il principio che emerge dalla sentenza della Ctp Milano n. 5037 del 27 maggio scorso (relatore Pilello).
Il caso
La vicenda trae origine dall'impugnazione di un atto di accertamento col quale l'ufficio – in via presuntiva – aveva accertato in capo al contribuente maggiori Ires, Irap e Iva. La ricorrente aveva eccepito l'inadeguatezza dello studio di settore (TM19U) applicato dall'ufficio a rappresentare l'effettiva situazione del contribuente, a causa dell'erroneo inquadramento dell'attività svolta dallo stesso nella categoria merceologica "biancheria per la casa". In aggiunta, la ricorrente aveva anche eccepito l'erroneo inquadramento dell'attività quale "commercio", a causa anche di un errore materiale commesso dallo stesso contribuente. La ricorrente aveva quindi eccepito l'illegittimità dell'atto per difetto di motivazione, lamentando in particolare la carenza di contraddittorio con l'ufficio e la mancata replica (da parte dello stesso ufficio) alle argomentazioni esposte in una memoria illustrativa che aveva prodotto.
La decisione
I giudici lombardi hanno accolto il ricorso condividendo le argomentazioni della ricorrente in ordine al difetto di motivazione dell'atto ed alla erronea applicazione degli studi di settore da parte dell'ufficio. Per i giudici, in particolare, l'ufficio non solo ha erroneamente inquadrato nel suddetto studio di settore l'attività svolta dal contribuente ma, per di più, ha anche eluso il confronto con lo stesso. Tale comportamento contrasta con quanto costantemente affermato dalla Corte di Cassazione, che ha in varie circostanze evidenziato che gli studi rappresentano delle presunzioni semplici che possono essere superate dal contribuente che, in fase di contraddittorio, può portare a conoscenza dell'ufficio la situazione effettiva (si veda, tra le altre, la sentenza n. 9712/2014). In sostanza gli studi di settore - hanno affermato i giudici - sono solo uno strumento di ausilio per individuare eventuali aree di evasione ma esso non può essere considerato né esaustivo né risolutivo né un meccanismo automatico di determinazione dell'imponibile.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Permalink
Ultimi di sezione
-
Fisco
Dichiarazioni Iva, la check list dei controlli - Attenzione alle operazioni con l'estero
di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri
-
ACCERTAMENTO E CONTENZIOSO
Transfer pricing con rischi penali minimi
di Antonio Iorio
-
PREVIDENZA E ASSISTENZA
Cassa integrazione al massimo per 24 mesi
di di Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone
-
PARLAMENTO E GIUSTIZIA
Meno vincoli sulle società tra avvocati
di Carmine Fotina e Giovanni Negri
-
FISCO E CONTABILITÀ
Dalla Cassazione via libera alla Tari differenziata per i bed & breakfast
di Pasquale Mirto
-
lavoro
Aiuto personalizzato per chi perde il posto