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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2014 alle ore 08:13.

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MILANO
Nel decreto legge sulla «crescita» torna l'anatocismo, cioè la possibilità per le banche di applicare interessi sugli interessi, ma appena nato rimane orfano di padri politici e pare destinato a cadere in Parlamento.
La regola incriminata si incontra all'articolo 31 del decreto 91/2014, dove si legge che il Cicr (il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio) «stabilisce modalità e criteri per la produzione, con periodicità non inferiore a un anno, di interessi sugli interessi maturati» nelle operazioni bancarie e finanziarie come mutui e finanziamenti in genere, ma anche nei conti correnti, conti deposito e così via. In questo modo, quindi, tornerebbe la possibilità per le banche di applicare interessi anatocistici, anche se non più di una volta all'anno.
A lanciare l'allarme, con un post su Facebook, è stata ieri Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale, chiamando in causa direttamente il premier Renzi per il «nuovo regalo alle banche». Per la maggioranza è subito sceso in campo Francesco Boccia (Pd), presidente della commissione Bilancio della Camera e autore l'anno scorso di una proposta di legge (accompagnata da 44 firme tra cui quella degli attuali ministri Maria Elena Boschi e Maria Anna Madia) per cancellare l'anatocismo, obiettivo poi confluito tramite emendamento (prima firma Antonio Castricone, Pd) nell'ultima legge di stabilità: «La volontà politica del Pd è a prova di bomba e chi ha infilato quella polpetta avvelenata ne risponderà», ribatte Boccia promettendo modifiche in Parlamento; «se nel governo o negli apparati burocratici qualcuno ha sbagliato – conclude Boccia – ci sarà tutto il tempo per accertarne le responsabilità».
In questo tira e molla normativo sull'articolo 120 del Testo unico bancario, a "motivare" un ritorno sul tema potrebbe essere stato qualche problema interpretativo nato dall'intervento inserito in Parlamento nella legge di stabilità (comma 629 della legge 147/2013). La nuova regola, incaricando il Cicr di «stabilire modalità e criteri per la produzione di interessi» nelle operazioni bancarie, chiariva che «gli interessi periodicamente capitalizzati non possono produrre interessi ulteriori».
In questa formulazione, la norma, secondo alcuni interpreti, non distinguerebbe con chiarezza le quote di capitale e quelle prodotte dalla capitalizzazione di interessi, producendo quindi un divieto generalizzato. In realtà (si veda anche Il Sole 24 Ore del 18 dicembre) il punto fondamentale è legato all'applicazione di interessi non solo sul capitale originario, ma anche sugli interessi che questo capitale nel tempo ha prodotto: solo in questo secondo caso scatta l'anatocismo, e proprio questo è ciò che il comma 629 intendeva evitare.
In ogni caso, il Parlamento dovrà ora rioccuparsi del problema, senza che l'inciampo abbia per ora effetti concreti sui costi a carico dei clienti bancari dal momento che sarebbe pur sempre il Cicr a dover applicare i nuovi criteri. Una clausola (al comma 3 dell'articolo 31 del decreto legge) prevede infatti che la nuova periodicità sarebbe applicata solo due mesi dopo l'entrata in vigore del provvedimento, con una tempistica che serve appunto a consentire eventuali interventi parlamentari senza produrre una sovrapposizione intricata di regole temporanee.
Anche il comma 629 approvato a dicembre, del resto, era ancora in attesa di una compiuta attuazione da parte del Cicr: il nuovo "inciampo", quindi, rischia più che altro di allungare i tempi per la ridefinizione degli interessi bancari "puliti" dall'anatocismo.
gianni.trovati@ilsole24ore.com
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