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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2010 alle ore 10:02.
La notte si scioglie in un mattino baciato dal sole. Milano non è ancora andata a dormire e decine di migliaia di fuochi nerazzurri salutano l'alba, dopo una settimana vissuta sottacqua, immobili. La Coppa dei Campioni entra in città, nello stadio insieme al nuovo giorno: c'è chi non riesce a smettere di piangere seduto sul bordo di un marciapiede, chi fa colazione con birra e salsicce, chi semplicemente non ce la fa più.
Lo scenario è insieme irreale e magnifico per chi non ha fede interista come il qui presente. Figurarsi cosa doveva essere nella pancia di chi l'Inter la tifa. Festa senza confini e non c'è proprio niente di cui aver vergogna: ha sbagliato chi non c'era, chi non ha provato in presa diretta qualcosa di mai vissuto prima dalla stragrande maggioranza dei presenti. Semplicemente per ragioni anagrafiche. La montagna maledetta è stata espugnata con merito assoluto. Fateci caso, l'Inter non ha vinto la Champions League ma la Coppa dei Campioni per le bizzarrie dei suoi incroci. Fin dal primo girone, l'unico con quattro squadre campioni dei rispettivi Paesi (Barcellona, Dinamo Kiev e Rubin Kazan oltre ai nerazzurri). Poi Chelsea neo-campione d'Inghilterra, Cska unica avversaria senza scudetto sul petto, e di nuovo Barca prima del Bayern padrone di Germania. Il resto sono abbastanza masturbazioni mentali, come i solari favori ricevuti dalla fortuna sotto forma di fischi trattenuti. Senza i quali peraltro lo stesso Bayern sabato sera avrebbe guardato la finale dalla tv, al mare, in compagnia dell'arbitro Ovrebo.
Non c'è vittoria di un grande torneo, sia esso un mondiale o una Champions senza quei dettagli che ti fanno capire di essere la squadra del destino, siano essi una decisione arbitrale favorevole o un gol a tempo scaduto. Lo stesso Barcellona stellare ne sa qualcosa, così come il Chelsea eliminato l'anno scorso da un eurogol di Iniesta al novantesimo e dai fischi trattenuti proprio da Ovrebo (di nuovo tu?) che fecero impazzire di rabbia Drogba in mondovisione. Masturbazioni mentali come quelle di chi continua a ripetere che l'Inter non è una squadra italiana, salvo poi magari fare la bava davanti alla politica dell'Arsenal e del suo vivaio multietnico. L'Inter è una grande squadra di calcio professionistica del 2010, quando il passaporto non te lo chiedono più al momento dell'assunzione: ti chiedono di essere bravo e affidabile al massimo livello possibile. Masturbazioni mentali come quelle di chi insiste nel dire che l'Inter non gioca bene a calcio, come se lo sport fosse estetica pura. Come se non fosse un grande spettacolo sportivo, un'organizzazione quasi scientifica, lo spirito di sacrificio monacale di superstar mondiali, quello che qualcuno (Sconcerti) ha definito "socialismo lussuoso dove tutti corrono per tutti e tengono per il conto finale la propria qualità… un computer con un'anima che si espande ovunque…". Se si desidera qualcosa di diverso, di più elegante, c'è sempre la danza classica, o il circo, o le giocate da fermo di Ronaldinho.