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Pista San Marino per i fondi Mokbel

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 08:05.

ROMA - Gli otto milioni di euro investiti nel 2007 nell'affare Digint non appartenevano tutti al comitato d'affari che faceva capo a Gennaro Mokbel. Ne sono convinti i pm romani che indagano sull'operazione. E che per questo motivo hanno avviato accertamenti tesi a verificare quale fosse la reale provenienza e la destinazione finale del capitale investito nella società partecipata al 49% da Finmeccanica. C'è il forte sospetto che la somma sia solo transitata attraverso la Digint per poi essere dirottata verso San Marino e altri paradisi fiscali.

Per questo motivo, nelle scorse settimane, la Procura ha inoltrato diverse rogatorie verso i Paesi interessati e gli Usa. Si intende fare luce non solo sull'operazione Digint, ma anche su eventuali conti esteri in qualche modo riconducibili a soggetti legati a Finmeccanica. Fondi neri che sarebbero stati costituiti per distribuire tangenti e ottenere appalti. L'attenzione dei pm romani si concentra in particolare sulle fatture emesse da alcune controllate da Finmeccanica, tra cui la Selex, per la fornitura di apparecchiature ad alta tecnologia. Fatture a cui non sarebbe corrisposta alcuna fornitura e che sarebbero servite per accantonare le provviste di capitale all'estero.

Finmeccanica e il suo a. d., Francesco Guarguaglini, hanno smentito seccamente ogni ipotesi di costituzione di fondi neri all'estero o in Italia. «Queste notizie fanno un danno enorme a 42mila famiglie e se uno ci mette anche i fornitori si può parlare di 150mila famiglie italiane» ha detto Guarguaglini, aggiungendo di non avere «mai visto né conosciuto Mokbel: Finmeccanica non ha mai avuto a che fare con lui».

Le indagini sulla Digint riguardano la complessa operazione finanziaria che alla fine del 2007 portò il gruppo Mokbel a rilevare, attraverso la Rhuna Investments e la controllata Hagal Capital, il 51% della società dalla lussemburghese Financial Lincoln. Otto milioni il costo dell'operazione. Troppi, secondo il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e i pm Giovanni Bombardieri e Francesca Passaniti. Quando il 7 giugno 2007 Finmeccanica Group Services acquistò da Financial Lincoln il 49% della Digint (compreso il diritto a nominare i membri del cda e l'a.d.) sborsò 2 milioni di euro. Come mai, pochi mesi dopo, Mokbel paga per il restante 51% ben 8 milioni? I pm sospettano che l'operazione sia servita in realtà a riciclare denaro di provenienza illecita, anche per conto di altri.

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Tags Correlati: Antico tiro a volo | Francesca Passaniti | G8 di Genova | Gennaro Mokbel | Giancarlo Capaldo | Giovanni Bombardieri | Lorenzo Cola | Marco Iannilli | Ministero dell'Interno | Napoli | PDL | Puglia | Reati | Selex | Services | Telecom | Vincenzo Sanguigni

 

È rivelatrice un'intercettazione del 12 febbraio 2008, acquisita nell'ambito dell'inchiesta su Telecom Italia Sparkle e Fastweb, di cui quella sulla Digint costituisce uno stralcio. Al circolo romano "Antico tiro a volo" sono riuniti Mokbel, l'ex senatore del Pdl Nicola Di Girolamo, il manager Marco Toseroni e altri sodali del gruppo, tra cui Vincenzo Sanguigni, Marco Iannilli e Lorenzo Cola, consigliere di Guarguaglini per i mercati africano, asiatico e statunitense. «Abbiamo acquisito la società lussemburghese nei termini che loro ci avevano chiesto» dice Toseroni. Che poi, parlando della Digint, aggiunge: «È 'na scatola vuota, è una partecipazione dove apparentemente c'è una "delega" da parte di Finmeccanica per la cessione del 51 per cento».

Tra gli architetti dell'operazione, Di Girolamo, che venerdì è stato interrogato, ma solo sul suo ruolo nella vicenda Ti Sparkle-Fastweb. Presto l'ex senatore sarà risentito, come anche Toseroni, sulla Digint. L'interrogatorio di Di Girolamo potrebbe svolgersi venerdì. Proprio Di Girolamo e Toseroni, insieme a Mokbel, sono al momento gli unici indagati per questo filone. La principale ipotesi a cui lavorano i pm è il riciclaggio, ma si valutano anche la corruzione e reati di natura fiscale.

Su Finmeccanica indaga anche Napoli. Al centro dell'inchiesta l'aggiudicazione di alcune gare, tra cui quella per il sistema di videosorveglianza della "Cittadella della Polizia" di Napoli, fornito dalla Elsag Datamat. Domani i pm sentiranno come teste il nuovo prefetto dell'Aquila, Giovanna Iurato, fino a qualche settimana fa direttore del reparto tecnico-logistico del ministero dell'Interno. Iurato, sposata con un dirigente della Elsag Datamat, dovrà chiarire le procedure seguite per l'aggiudicazione dell'appalto da 33 milioni.

La Elsag è, tra l'altro, la stessa società scelta per gestire i sistemi informatici durante il G-8 dell'Aquila. Nell'ambito dell'inchiesta napoletana, lo scorso dicembre, è stato sentito come persona informata dei fatti anche Guido Bertolaso, mentre il mese prima era toccato a Gianpaolo Tarantini, l'imprenditore barese coinvolto nelle inchieste sugli appalti in Puglia. Tarantini aveva detto di avere presentato nel 2008 Bertolaso all'imprenditore Enrico Intini, interessato a entrare nel giro delle aziende assegnatarie degli appalti della Protezione Civile. Secondo Tarantini, Bertolaso promise a Intini lavori tramite la Selex. Della cosa non si fece in realtà nulla, ma i pm vogliono verificare se anche a Napoli, come a Bari, fosse stato messo in piedi un sistema per l'aggiudicazione preferenziale di appalti ad alcune aziende.

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