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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2010 alle ore 08:01.
La manovra, come confermato dal ministero dell'Economia, dunque, si applica anche alle spa. Nel mirino dovrebbe finire un numero enorme di organi collegiali non solo di società pubbliche, ma anche di concessionarie dello Stato o loro controllate. Dei contributi a carico delle finanze pubbliche, in un modo o nell'altro, beneficiano in parecchi. A partire da Trenitalia e Rfi, controllate dalle Ferrovie dello Stato. La società sinora non si è posta il problema, anche perchè l'interpretazione è tutt'altro che chiara: la policy aziendale, si fa notare, già prevede che i compensi per il ruolo in cda di dipendenti del gruppo siano versati alla holding. Il problema si pone, eventualmente, per i consiglieri esterni o per i componenti il collegio sindacale. In verità, se ci si attiene al dettato letterale della norma, neppure presidenti e ad sembrano poter percepire un compenso.
In linea teorica potrebbero ricadere nel comma «zero stipendi» anche consiglieri e amministratori di Poste spa (prendono i contributi per il servizio universale) o qualche controllata del gruppo Atlantia-Autostrade per l'Italia. «A mio avviso la norma come è scritta non lascia dubbi – spiega Tommaso Di Tanno, docente di diritto tributario ma anche presidente di molti collegi sindacali, tra cui Altantia –. Si applica solo agli enti. Se così non fosse, violerebbe il principio di corrispettività: l'assunzione di responsabilità non può essere gratuita. E allontanerebbe dall'incarico amministratori qualificati, per avvicinare persone che hanno altre finalità. E poi come si identificano i contributi? In fondo lo sono anche i Tremonti-bond presi dalle banche». (L.Ser.)