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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2010 alle ore 16:50.
Francesca bacia la terra rossa di Francia. Poi si rotola sul campo, vuole averla addosso quella polvere color mattone. Si alza e scuote le mani giunte, incredula, come a dire «ma che cosa ho combinato?». Non riesce proprio a convincersi di essere entrata nell'Olimpo del tennis, espugnando il Roland Garros. E anche quando scavalca le transenne e si arrampica fino al suo angolo, perfino mentre viene sommersa dagli abbracci di tutti i suoi, fatica a rendersi conto della portata del miracolo appena compiuto. Per un attimo scompare. Tutti la vogliono stringere, toccare, baciare. E lei, alta appena 1,66 e magrolina in un circuito di amazzoni con la racchetta, sparisce tra una folla letteralmente impazzita.
Il tempo di tornare in campo per la premiazione e, dopo i primi minuti di emozione, chiede di dire due parole in italiano. «Ma che faccia avete?» dice rivolta al suo clan. E' sempre lei. Spontanea, fuori dagli schemi, in una parola: vera. Poi, rivolta a tutti i suoi tifosi aggiunge: «Siete nel mio cuore, senza il vostro supporto non sarei quello che sono e non avrei fatto quello che ho fatto. Vi ringrazio».
Oggi Francesca ha dovuto affrontare la prova più dura di tutto il torneo. La prima finale di uno Slam della sua carriera, un risultato che oltretutto arriva alla vigilia dei trent'anni quando una giocatrice sa bene che non avrà tempo per tante altre occasioni. Al di là della rete un'avversaria che l'aveva quasi sempre battuta, al massimo della forma. Una capace di fare fuori prima Justine Henin poi Serena Williams e, in semifinale, di spazzare via, come niente fosse, l'ex-numero uno Jelena Jankovic.
E poi la sproporzione fisica, fossero stati due pugili non si sarebbero mai potuti incontrare. Da una parte Samatha Stosur, statuaria, armata di bicipiti da body builder, dall'altra Francesca mingherlina, piccoletta, tutta nervi. L'australiana sfoggiava un tennis micidiale, con uno dei servizi migliori del circuito, un dritto da ko e un gioco di volo spettacolare. La nostra doveva ricorrere all'astuzia, all'intelligenza tattica e giocare il match della sua vita. Detto fatto.
Non si è lasciata vincere dall'emozione, non si è lasciata scoraggiare da nulla. Quando, in avvio di partita, la rivale ha tenuto due volte di fila il turno di battuta a zero, Francesca non si è innervosita, è rimasta in partita. Paziente, precisa, determinata. Continuando a giocare sul rovescio, il punto debole di Samantha. La "aussie" pur di non colpire la pallina con quel gesto per lei innaturale, cercava posizioni impossibili, spostandosi sempre più verso l'angolo sinistro del campo. Allora, la Schiavone, implacabile la fulminava nei paraggi della riga di destra.