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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2010 alle ore 18:15.
Il giorno dopo l’incoronazione della Schiavone, tutti parlano della regina del Roland Garros. Tutti si chiedono da dove arriva questa fuoriclasse che non sapevamo di avere. L’Italia scopre la passione per il tennis e punta gli occhi sulla trentenne tutta nervi, dallo sguardo sornione e dalla battuta pronta. Ma da dove è partita la straordinaria parabola di Francesca?
A cercarli oggi i campi sui quali la campionessa muoveva i primi passi rincorrendo la pallina gialla, non li trovereste nemmeno più. In via Cilea, nel quartiere Gallaratese, a Milano, dove la Schiavone da bambina ha preso per la prima volta in mano una racchetta, ormai si gioca solo a calcetto.
Vent’anni fa, invece, c’erano ancora quattro campi da tennis, due dei quali coperti. Non un circolo, non una ricca scuola, soltanto quei quattro campi. Lì, Daniela Porzio, ex-numero uno d’Italia nel ’53, incontrò per caso una bambina di quasi nove anni che voleva imparare a giocare a tennis. Era Francesca Schiavone, figlia di un dipendente dell’Atm e di un’ex-infermiera. Fu lei che insegnò i primi rudimenti alla futura campionessa e fu lei ad intuirne le potenzialità e a portarla, tra anni più tardi, al Tennis Club Bonacossa. Ormai i campi del Gallaratese non bastavano più ad una ragazzina che mostrava già tutte le qualità che l’avrebbero fatta emergere.
Parla con soddisfazione ma anche con umiltà, senza arrogarsi meriti che invece indubbiamente le competono, la signora Porzio. E spende parole di stima per Corrado Barazzutti che ha lavorato e che lavora molto con la tennista milanese. «Ricordo che quando non aveva più di 9 anni e vinse il torneo della nostra scuola, la sgridai un po’ perché aveva esultato troppo - ci racconta mentre sorride, tornando indietro con la memoria - invece devo proprio ammettere che aveva ragione lei..»
Dunque aveva già la grinta e il carattere che oggi tutti conosciamo.
«Eh sì, quelli ce li ha sempre avuti. E’ sempre stata una grande lottatrice, caparbia e anche simpatica, fuori dagli schemi. Non era introversa nemmeno allora».