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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2010 alle ore 17:07.
Un batterio sta rivelandosi molto più efficiente delle truppe alleate e delle unità antidroga di Kabul nel combattere le coltivazioni di papavero da oppio in Afghanistan. Nonostante l'aumento delle coltivazioni registrato nella provincia di Helmand, quest'anno la produzione di oppio afghano ha subito un calo del 30% rispetto al 2009, passando da oltre 6mila tonnellate a circa 4 mila a causa di un batterio che ha colpito la gran parte dei circa 130 mila ettari di coltivazioni, circa 70 mila dei quali concentrati a Helmand e 50 mila a Kandahar.
La presenza di un fungo molto aggressivo nei confronti delle piante di papavero era stata segnalata già un mese or sono da Antonio Maria Costa, direttore dell'Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime) l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di droghe e criminalità. In un'intervista alla Bbc, Costa aveva affermato che la produzione avrebbe potuto ridursi di almeno un quarto, rispetto allo scorso anno poiché «il fungo ha infettato circa la metà delle coltivazioni del paese, che produce il 92% dell'oppio mondiale».
Minore produzione non significa però minori guadagni. Al contrario, il prezzo è aumentato del 40% e la redditività per un ettaro di campo coltivato a papavero è passata da circa 5 mila dollari dello scorso anno a 6.500-7.000 dollari di quest'anno. Il fungo attacca la pianta dalle radici, quindi sale lungo il fusto fino a raggiungere la capsula che contiene i semi. Le zone maggiormente colpite sono state le zone agricole delle province di Helmand e Kandahar, roccaforti talebane che da marzo sono al centro delle offensive anglo-americane tese a strappare agli insorti il controllo delle aree strategiche dalle quali i talebani traggono il loro sostentamento finanziario.
Non ci sono però rischi che scarseggino gli oppiacei sui mercati clandestini internazionali poiché, come ricorda Costa,«c'è un eccesso di produzione e gli stock a disposizione dei trafficanti sono stimati in circa 10 mila tonnellate di oppio, pari a quasi due anni di produzione afghana». Secondo il direttore dell'Unodc, intervistato lunedì 7 giugno dall'agenzia Adnkronos, i danni provocati dal batterio hanno determinato un atteggiamento ostile dei contadini afghani nei confronti delle truppe della Nato, accusate dagli insorti di avere diffuso la malattia.