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Berlusconi a tutto campo: «In Italia governo dei pm. Protezione civile mai più all'Aquila»

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2010 alle ore 08:24.

ROMA - Silvio Berlusconi torna ad attaccare pesantemente i magistrati. A partire da quelli che stanno indagando all'Aquila sul presunto mancato allarme-terremoto: «La protezione civile non andrà più in Abruzzo finché esisterà l'accusa di omicidio colposo» perché qualche «mente fragile potrebbe sparare un colpo in testa» agli uomini di Bertolaso. E ancora: «La sovranità non è più in mano al popolo ma ad una corrente della magistratura e ai suoi pm che attraverso la corte costituzionale si fa abrogare le leggi che non gli piacciono». Il presidente del Consiglio «non ha poteri», «mi fa ridere quando dicono che sono un despota», fare una legge «è un calvario quotidiano» e là dove «pensavi a un cavallo esce fuori un dromedario».

Berlusconi pronuncia la sua arringa all'assemblea di Federalberghi. Da poco ha lasciato Palazzo Grazioli dove si è svolto l'ufficio di presidenza del Pdl. Il tempo trascorso è così breve che il premier, appena arriva all'auditorium di Renzo Piano, riparte esattamente da dove aveva appena terminato: le intercettazioni.
Agli imprenditori spiega che il progetto per limitare gli ascolti è stato ostacolata «dalle lobby dei magistrati e dei giornalisti» che hanno «impedito» – sostiene – di «elaborare un testo che difende al 100% il diritto fondamentale, che una democrazia deve garantire, cioè il diritto alla privacy». Proprio per questo – ci tiene a spiegare il premier agli albergatori – ha deciso di astenersi, di non dare la sua approvazione al compromesso raggiunto: «Me ne spiaccio ma il programma del Pdl è vincolante e questa legge non adempie a tutte le promesse».

Parole che aveva già pronunciato davanti al suo partito, ma che vengono rilanciate in un contesto pubblico. Lo stesso attacco ai pm abruzzesi che stanno indagando sulle responsabilità per il cosiddetto mancato-allarme e che hanno portato all'accusa di omicidio colposo sette membri della commissione grandi rischi che si riunirono all'Aquila sei giorni prima della scossa. Così come il refrain sul rischio di cadere nel girone infernale dei processi: «Dopo un primo giudizio in cui risulti innocente, e già ti sei rovinato la vita, avresti il diritto di non finire di nuovo nel girone infernale dei processi per quel fatto invece capita che i pm ti ci riportino perchè con questo mestiere ci guadagnano». Berlusconi va all'attacco. Il premier riconquista la scena che Gianfranco Fini rischiava di offuscare. L'accordo sulle intercettazioni, quel venire incontro alle richieste della minoranza che fa riferimento al presidente della Camera, dal Cavaliere è stato digerito obtorto collo. E ha voluto rimarcarlo astenendosi e sottolineando che d'ora in poi il testo è blindato, che alla Camera non ci saranno possibilità di modifiche. I finiani non replicano. Incassano la prima vera legittimazione del loro essere minoranza.

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«Si è instaurato un metodo, si è finalmente capito che posizioni in origine diverse possono confrontarsi e poi convergere», dice Adolfo Urso, finiano e viceministro dello Sviluppo. Gli occhi ora sono tutti puntati sulla manovra. Silvio Berlusconi nell'ufficio di presidenza del partito ha ribadito tra gli applausi che «il provvedimento è aperto a modifiche» anche se i saldi non si toccano. Un'apertura rivolta esplicitamente anche all'opposizione ma che punta soprattutto a smussare i malumori dentro al Pdl. Del resto quando Berlusconi dice agli albergatori che la tassa di soggiorno a Roma è stata fatta «alle mie spalle» da un'indicazione. Il premier si smarca, su un balzello impopolare ed altri potrebbero seguirlo. Non a caso, anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno ci tiene a sottolineare che pure lui quella tassa non la vuole, rilanciando il cerino nelle mani del governo. Come dire: se non rivedrete i tagli sulla capitale la responsabilità del balzello non sarà del Comune ma del governo.

L'opposizione si prepara. Prima della manovra ci sono le intercettazioni. Gli attacchi di Berlusconi ai giudici abruzzesi sono stati stigmatizzati dal segretario del Pd Pierluigi Bersani che ha definito «vergognose» le parole del premier e finalizzate solo «a spostare l'attenzione perchè lì è ancora un disastro, 30mila terremotati sono ancora negli alberghi».

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