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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2010 alle ore 08:58.
AMSTERDAM - Trionfo per lo xenofobo Geert Wilders, liberali primo partito d'Olanda. Sono i due importanti verdetti delle elezioni politiche di ieri. Il leader nazionalista, che ha fatto della crociata contro gli immigrati e l'Islam la sua bandiera, ha quasi triplicato i seggi rispetto al 2006 (da 9 a 24), andando ben oltre il risultato che gli attribuivano i sondaggi. Il partito liberale di Mark Rutte, dopo un lungo testa a testa con i laburisti di Job Cohen, ha prevalso per un solo seggio, 31 a 30. Ma è un seggio che vale oro, perché regala la premiership all'ex manager del'Unilever, cui spetta adesso il difficile compito di formare la coalizione di governo.
Disfatta per i democristiani del Cda, che hanno perso metà dei 41 seggi conquistati quattro anni fa. Jan Peter Balkenende si è dimesso da leader del partito, già dopo i primi pesanti exit poll. Crescono i Verdi e i centristi di D66, entrambi a 10 seggi, crollano i socialisti di Sp, a quota 15 (meno 10 rispetto alle precedenti elezioni).
Rutte, a questo punto, dopo aver promesso agli olandesi un governo entro il 1° luglio (il paese è abituato a tempi molto più lunghi), dovrà decidere verso quale coalizione orientarsi. Wilders ieri notte ha detto che vuole entrare nel governo e che i partiti non possono ignorare l'affermazione del Pvv: "Più sicurezza, meno criminalità, meno immgrati, meno Islam: questo ha scelto l'Olanda", ha urlato ai suoi sostenitori in festa. Il futuro premier potrebbe optare per un'alleanza di centro destra con Wilders e i democristiani, o immaginare una grande coalizione con laburisti e partiti minori di centro e sinistra. Entrambe le soluzioni richiederanno laboriose trattative e compromessi non facili da raggiungere. Soprattutto sul fronte dei piani di contenimento del deficit, le posizioni dei partiti sono distanti. L'Olanda, intanto, aspetta.