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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2010 alle ore 16:06.
Attento Giappone, la Grecia ha suonato il campanello d'allarme anche per te. A dirlo non è più solo qualche analista in vena di catastrofismi: oggi è stato lo stesso neopremier Natoto Kan, nel suo discorso ufficiale di investitura alla Dieta, a mettere in chiaro che il rischio default non è affatto impensabile per il Sol Levante, che deve fare tesoro della lezione greca senza snobismi fuori luogo.
«Come si può osservare nella confusione avvenuta nell'Eurozona originata dalla Grecia, esiste un rischio di default se la crescita del debito pubblico viene trascurata e se si perde la fiducia dei mercati obbligazionari», ha detto Kan, aggiungendo: «Non possiamo permetterci finanze pubbliche che dipendano in modo eccessivo dalle emissioni di bond». La dichiarazione del quinto premier nipponico in tre anni non è certo finalizzata a creare allarmismo, ma appare legata a ragioni di politica interna ed estera.
Kan vuole "capitalizzare" una immagine - anche internazionale - di rigorismo fiscale che è riuscito ad associare alla sua persona da quando, all'inizio dell'anno, gennaio, aveva aggiunto alla carica di vicepremier quella di ministro delle Finanze (dopo le dimissioni per motivi di salute dell'anziano precedessore): così è riuscito a far dimenticare gli echi di un lontano passato quasi "barricadero" tra proteste studentesche e attivismo social, nonché a a contenere lo scetticismo sulla sua "Terza via" che dovrebbe quadrare il cerchio nella promessa di attuare in contemporanea crescita economica, riduzione del debito e maggiore sicurezza sociale.
In vista delle imminenti elezioni parziali per la Camera Alta dell'11 luglio, inoltre, la rivendicazione della necessità di contenere la spesa pubblica toglie all'opposizione liberademocratica (già allo sbando) una bandiera su cui cercare di riconquistare consensi alle urne. Kan, anzi, ha fatto un appello perché si arrivi a un consenso "bipartisan" su alcune misure di riforma fiscale e ha affrontato il tabu' di un eventuale rialzo dell'imposta sui consumi.
Con un debito complessivo che viaggia vicino al 200% del Pil (il peggior rapporto tra i Paesi industrializzati), il paese è finito di recente nel mirino delle agenzie di rating, che minacciano un declassamento in mancanza di un piano credibile di consolidamento fiscale, anche se - a differenza della Grecia - la grande maggioranza dei bond è detenuta da investitori domestici.