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Nel Pdl restano i maldipancia dei finiani per le norme sulle intercettazioni

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2010 alle ore 18:05.

A sintetizzare la strategia della maggioranza sul ddl intercettazioni ci ha pensato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che ha spiegato come l'impegno della maggioranza «sia quello di non apportare modifiche, perché abbiamo un testo che può rimanere invariato anche alla Camera». Insomma, il Pdl proverà a proteggere il provvedimento da eventuali sabbie mobili che dovessero aprirsi a Montecitorio, e che non sono affatto da escludere. Anche perché, dentro la stessa maggioranza, i maldipancia contro il ddl non sono completamente sopiti.

Il finiano Italo Bocchino lo ha lasciato intendere in modo molto soft. «Il testo che è stato approvato sulle intercettazioni - ha spiegato ai microfoni di Sky Tg24 - rappresenta per noi un compromesso accettabile, ma non è certo la legge che vorremmo votare». Come dire che, per farlo, dovranno forse turarsi il naso visto che, prosegue, «c'è un patto all'interno del Pdl a seguito della decisione del vertice del partito, di votarlo in questo testo anche alla Camera».

Messa così sembra dunque lontano il rischio di imboscate. Ma i fedelissimi del presidente della Camera non nascondono le loro perplessità e proveranno a cambiare qualche tassello del testo a Montecitorio. «Sicuramente non siamo soddisfatti sui reati spia (racket, estorsioni e traffico di rifiuti) - scrive la direttrice del Secolo d'Italia, Flavia Perina, sul "Post" di Luca Sofri - e cercheremo di correggerlo alla Camera. Di certo, poi, non vanno bene le multe agli editori o i limiti alle intercettazioni ambientali nel nome della privacy».

Insomma, qualche nodo rimane sul tappeto. La Perina, però, rispedisce al mittente le critiche di quanti ritengono che Fini e i suoi uomini abbiano dovuto fare buon viso a cattivo gioco. «Potevamo far meglio? Forse. Abbiamo dovuto inghiottire il rospo? Certo, era nel conto come sempre quando si fa politica anziché populismo. La terza opzione era non far nulla e limitarci a far parlare gli intellettuali sui nostri siti, evitando di esporci in Parlamento. L'abbiamo scartata».

Le fibrillazioni dentro il Pdl non sono quindi completamente superate. Nel centro-sinistra, invece, continua la sollevazione contro il ddl. Oggi si sono registrate anche le perplessità dell'ex premier Romano Prodi che si è detto «preoccupatissimo perché è la democrazia che entra in sofferenza». Mentre il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, ha detto che «il passaggio del ddl alla Camera sarà un Vietnam per la maggioranza».

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Il ddl, però, sta creando qualche tensione anche all'interno dell'opposizione. Ieri, infatti, l'Idv, per bocca del suo leader, Antonio Di Pietro, ha invitato i democratici a non fare «come Ponzio Pilato». Così oggi è arrivata la replica del numero uno del Pd, Pierluigi Bersani. «I democratici - ha detto - sono i più decisi di tutti contro il ddl. Tanto è vero che noi non perdiamo tempo a polemizzare con le forze dell'opposizione, verso le quali vogliamo invece essere solidali per darci reciprocamente una mano nell'opposizione a Berlusconi». Mentre il capogruppo alla Camera, Dario Franceschini, ha preso carta e penna e ha scritto al presidente di Montecitorio, Gianfranco Fini, per chiedergli «di non essere di parte». «Il Pd non accetterà nessuna forzatura sui tempi per esaminare il ddl sulle intercettazioni, in base al regolamento non potrà andare in Aula prima di settembre».

Critiche al provvedimento arrivano infine dagli imprenditori. Per il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, «è una legge non ben fatta». Più tranchant l'ingegnere Carlo De Benedetti: «È una legge liberticida e un'assurdità giuridica».

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